45.490922, 9.142202 STELLA X GRANDE CASCO NERO

di Sofia Natella



Arrivo lì.     Respiro.     E torno indietro 

 

*

 

Respiro

Forte 

Spingo 

le gambe il fiato continuo

Salire 

oltre il selvatico

l’ultimo tratto 

Scosceso 

 

e poi

Fondo 

 

Inalare quel sole

Che mi bacia

Dallo sterrato

Apice che domina la città 

E oltre

 

Da un punto tuttavia periferico, sul limite

Tra l’area metropolitana e il fuori 

nord ovest

Non ci sono ingombri, 

eccetto un unico albero, che fa ombra a 

una panchina pietra

proprio in fondo all’altipiano al termine

della collina per cui

Spesso tira vento, o fa molto caldo

Ma si vede tutto l’orizzonte resto 

 

qualche minuto lì a respirare

l’ampiezza del cielo

circolare

il variare delle nubi l’azzurro

Screziare bianco il verde 

grigio bordo 

degli alberi 

e della strada che scorre là sotto 

I monti

 

In pratica se è sereno si vede tutto l’arco alpino e di notte 

però non molte stelle, soprattutto da un lato

C’è troppo inquinamento,

di tutti i generi

e si vedono solo le più vicine

O luminose

Rigel, Canopo, ovvio 

Sirio

 

E la città dall’alto, col suo stuolo di tetti e tutti quei nuovi grattacieli 

curvilinei, o più

monolitici che svettano le loro superfici di specchi

E rimandano un diverso

Cielo Il riflesso 

ritaglio 

di quello che si trova

tramonto

Respiro

Alle mie spalle

 

E torno indietro

 

*

 

Lì: Monte Stella, o montagnetta di San Siro. È un parco cittadino

Elevato

circa 50 metri, uno dei più selvatici

 

Una collina artificiale

Fatta con le macerie della seconda guerra mondiale

 

Hanno messo alberi tutto intorno per evitare che franassero

i declini

su più livelli

 

Ci sono dei percorsi a spiraliformi che alternano

Pendenze o tratti pianeggianti, più o meno sgombri o fitti

In cui spesso mi perdo infatti 

 

non ho ancora capito bene come sia strutturata, o quali siano tutti i percorsi 

 

possibili per arrivare in cima

 

Ma di solito salendo mi aggiro per queste

zone boschive, che non sembra di essere a Milano

Ci sono alberi molto alti, antichi

Abbondante vegetazione spontanea

Sentieri un po’ sconnessi

 

Nudo suolo, rotolare di sassi sotto i passi

 

E larghi prati che sembrano più campi, grandi rettangoli con i camminamenti cancellati dalle erbe troppo alte 

 

Nell’assolato

Procedo a passi ampi

 

Ma c’è anche una parte asfalto, per lo più ombreggiata

E infatti un sacco di gente va lì ad allenarsi

C’è chi corre sulla zona bassa, vicino al campo di atletica

chi fa trail, o bikecross

 

Ci hanno fatto anche delle gare di sci in passato

Negli anni ’60 credo

quando si andava lì ad ascoltare la radio e il parco era appena stato inaugurato

Ed era una cosa nuova che 

 

Ci sono delle salite o viceversa discese a gradoni

E dei pendii erbosi 

più o meno ripidi

A seconda del punto che scegli di percorrere

 

Selciato o 

terriccio 

e radici

 

Sbrecciare sonici

 

Vari versi di uccelli

Latifoglie

Conifere e arbusti

 

Ma non si incontra mai molta gente. È abbastanza grande infatti sembra spesso di essere

soli soprattutto nei giorni feriali 

si può stare lì in eterno volendo

A girare nel boschivo o 

 

stare

 

su una panchina, a guardare

da una delle terrazze del versante che dà verso Lampugnano

È un punto mediano, per cui sembra di essere come sospesi

 

In una centralità

Materiale In un equilibrio

Di stati

 

Concreti, ariosi in uno 

 

spessore

In qualche modo osmotico, traspirante

E raccolti tra i rami degli alberi che stanno dietro Forse 

Ontani ecco

ologrammatico

E l’aperto rigoglio che si stende davanti                          

Gonfio

Le chiome più in basso 

Irregolari, che limitano l’estensione dei prati

 

L’obliquo dei raggi

Ecco mi stavo dimenticando

 

Una volta

Qui a fianco ci facevano i rave o comunque delle feste C’era 

un chioschetto che vendeva da bere 

Magari si andava lì la sera 

A bere una birra sulla scoscesa

 

O fare un pic nic sulla cima

Stando sull’erba dei pendii ovviamente 

Verso Occidente

 

Al tramonto in estate è molto bello e se è limpido si vede tutto lo spettro dei colori o

il contrastare della luce sulle nuvole, rosse

O nere

promesse

Temporali

O sereno

quello sfumato verde giallo rosa verso la città e verso fuori

Ultra indaco

 

Respiro

 

Ronzare di coleotteri

Che si affollano Sempre

Nella bella stagione

 

Mentre ci baciamo

Il crepuscolo

 

E torno indietro

 

*

 

Parto da casa. 

Scendo quattro piani di scale  

 

Mi piace dove vivo ora. Sono in un quartiere più alla mano e multietnico, al di là del ponte della Ghisolfa, una specie di pista di lancio soprelevata che poi si scioglie di nuovo nella circonvallazione, un anello di traffico e terribili filobus

ma c’è un sacco di verde, davvero

oltre ai parchi, molte strade alberate

 

È una zona non proprio periferica ma quasi, abbastanza vicina alla tangenziale

Prima era campagna, poi industriale Adesso 

è un tessuto di edifici civilissimi e squadrati, qualche casa di ringhiera e d’epoca, capannoni più si va verso fuori, e lì stanno anche iniziando a costruire case nuove

Invece verso il centro ci sono villette un po’ decor, ce ne sono proprio in serie, per isolati e isolati, qualcuna un po’ in rovina, la cosiddetta piccola Svizzera, mentre altre 

sono sparse e

bellissime 

nascoste in vie minuscole

 

E poi ci sono molte case expopolari, filari contigui lunghe sequenze 

di caseggiati anche decorosi degli anni ’30 o più semplici anni ’50, con enormi giardini pieni di alberi molto alti, platani e frassini, come quello del condominio dove abito, che ha anche i giardini singoli al piano terra 

si intravedono oltre le siepi che ricoprono i cancelli 

gelsomini odorosi, passiflora che sboccia i suoi mandala bianco giallo viola 

nel tratto della mia via che è una via

a croce 

privata

 

svolto per arrivare su via Varesina, e da lì 

verso piazzale Accursio

che è un piazzale davvero molto ampio, con l’ATS, un sacco di servizi

c’è anche l’ex tirassegno nazionale. L’ingresso ha una bella facciata liberty ricordo

quando ero bambina e vedevo questo rudere tutto decorato e infestato dalla vegetazione Adesso

è tutto transennato e ci stanno facendo la sede nuovo consolato americano, uno spazio immenso cantiere già circondato da un muro

ho visto i render di quello che ci fanno

una specie di complesso ecobeige, con del verde

Che mi è sembrato in qualche modo 

cattedratico

 

e lì a fianco c’è il Portello, un centro commerciale all’aperto molto gradevole, uno schema di viette con i negozi, sormontati da pergolati di glicine 

e una specie di piazza con un colonnato di metallo bianco esile e altissimo che si slancia verso

una vela credo Sempre 

di metallo che la copre 

 

Risale a una ventina di anni fa, quando hanno riqualificato tutta l’area 

insieme a dei condomini alti con quell’estetica modulare ma 

Asimmetrica

sembrano dei codici a barre sfalsati che danno poi sul parco che hanno fatto là dietro

Tutti vetro e cemento, rettangoli di finestre e balconi, e oltre se ne vedono altri

In lontananza, andando verso il centro

Alcuni hanno degli inutili segmenti di metallo 

che si innalzano sulla facciata, intersezioni di linee che perimetrano dei vuoti e sormontano i balconi

li fanno sembrare degli oggetti virtuali, più che dei posti dove si possa abitare veramente

Ma sarebbe già un’altra zona lì gli appartamenti costano caro

Mentre la mia zona si chiama la Cagnola

che va da lì, anzi da piazza Prealpi, che era piuttosto malfamata

fino a Villapizzone, e ha ancora 

qualcosa del piccolo borgo, con vicoli e piazzette lastricate

Molti rifiuti a volte, un rudere bellissimo di villa

Il campo rom, la fondazione Mondadori, la comunità dei gesuiti in una grande cascina, una bella chiesa, un liutaio, la bottega di una stilista e di un pittore

la libreria Baravaj del mio amico Fede che vende usato

E un altro parco ancora intitolato a Giovanni Testori, con una lunga passeggiata piena di murales che va dalla fermata del passante ferroviario

a costeggiare i binari e fino al liceo che ho frequentato

Liceo scientifico P. Bottoni

 

Quasi tutti i miei amici di quel periodo si sono trasferiti qui vicino, come me, da chinatown e dintorni. C’è una dimensione che sembra quella più limitata e maneggevole tipo

degli anni ’90 o primi 2000. 

L’Esselunga di via Mac Mahon è così 

Anacronistica che potrebbe vendere UBIK. 

E poi c’è il mercato in strada due volte a settimana, dove urlano 

prezzi bassi esotici 

ortaggi a 1 euro vestiti usati 

oltre al mercato comunale coperto su cui però c’è già 

un progetto di riqualifica   Speriamo    

               

che non gentrifichi. 

Ci sono anche una bocciofila e un paio di circoli davvero ARCI, è pieno di servizi e piccolo commercio, qualche bar e posticino per mangiare, un paio di locali che fanno musica dal vivo, tipo il Garage Moulinski 

e verso la circonvallazione qualcuno dove si può fumare il narghilè. Ma è tranquillo, anche se di tanto in tanto la sera scoppiano fuochi d’artificio randomici, su cui ci sono varie ipotesi c’è anche un negozietto che li vende

 

la merceria, ferramenta

binari dove passano i tram d’epoca, 

il rigattiere in fondo a viale Espinasse, negozietti intercontinentali asia africa sudamerica

e gli store dei cinesi, i trovotutto. C’è molta calma, e silenzio anche

Sembra 

che nessuno abbia fretta di affermarsi, che forse ci abbia rinunciato o non dia peso alla cosa, che ci sia qualcosa di più importante e vitale

del premio che la grande corsa della città promette. C’è qualcosa di diverso. Tanti alberi. Colori Qualcosa 

di sottile, spontaneo. Una certa confidenza. Consuetudine. 

 

È una camminata che ho fatto molte volte.

 

 

Casa

Portello

Dietro il cantiere

Ampio spazio

Dove non sono mai stata

Tre palazzi TETRIS 

Poligono di tiro

Spari 

 

Murales PAC MAN 

Bucolico percorso campestre tangenziale 

Prati alberi lampioni bianchi 

 Traffico che mi affianca e mi sorpassa

 

Vecchia cascina

Affittasi uffici

Ponte

 

Stare lì nel perpendicolare

Vibrante 

Sudore 

Sospeso

Sul traffico orizzonte

mirare

Di grattacieli

Riflessi lontano

centro

 

Senza riparo

 

nel boschivo 

 

risalire il declino passare

Attraverso

I raggi le foglie i vari

Livelli

innesti

 

Ciliegi in fiore metà rosa metà bianchi

 

A tratti mi fermo ma

 

Arrivo

 

Un due tre Stella

 

Respiro

 

/ˈsirjo/; α CMa / α Canis Majoris / Alfa Canis Majoris, conosciuta anche come Stella del Cane o Stella Canicola; è una stella bianca della costellazione del Cane Maggiore; è la stella più brillante del cielo notturno, […]

durante il Medio Regno, gli Egizi basavano il loro calendario sul sorgere eliaco di Sirio, ossia il giorno in cui la stella diventava visibile all’alba poco prima che la luce del Sole la oscurasse in cielo, […]

dopo circa 70 giorni in cui la stella non era stata visibile […]

70 erano anche i giorni che i defunti trascorrevano nelle “case dell’imbalsamazione”. […]

in una notte limpida, senza Luna e possibilmente senza i pianeti più luminosi, è persino in grado di proiettare a terra una leggerissima ombra degli oggetti. […]

Presso i Celti, la levata eliaca di Sirio era considerata un fatto positivo e segnava l’inizio di Lugnasad […] Presso i Greci si riteneva che il suo scintillio potesse danneggiare i raccolti, portare forte siccità o persino causare e diffondere epidemie di rabbia; il suo nome deriva infatti dal greco antico Σείριος (Séirios), che significa splendente, ma anche 

ardente, bruciante

 

Ronzare di coleotteri

Lento 

corpo nero nel secco dell’erba

 

*

 

Un altro anno senza inverno, non piove e vado spesso a camminare

Ci metto una mezzora, che poi in realtà è il doppio

Considerato che devo tornare

 

Mi piace andare lì, mi fa stare bene

Muovermi soprattutto nei giorni in cui il tempo è instabile o

variegato, in cui mi sento insieme

 

larghi giri di nubi sfumate

Declinazioni di luce che rivelano e contrastano

Il solido

montare di quelle masse di vapori

Respiro

e canto

Mentre cammino

 

ascolto Sia

Iiiiiiiiiiiiiiiiii wanna swing

Brani shuffle

Verso l’equinozio

from the chandeliiiiiiiiiiiiiiiiiiier

 

Avanti, Unstoppable

Mi sento bene

soprattutto dopo aver sorpassato il cantiere

Sconsolato sorgere beige

Un basso muro

Zona militare vietato oltrepassare ma

giro sul retro, dove c’è la colonia felina e poi il vero poligono di tiro, e lì si allarga un grande spazio aperto

che non si può raccogliere tutto, bisogna girarsi a guardarlo

 

A destra c’è la ciclabile che costeggia il muro del tirassegno, mentre a sinistra passano le auto, e c’è lontano

un imponente edificio vetroso, con la facciata specchiata e convessa, quasi in semicerchio, vicino a un’altra struttura più bassa 

Non ho mai saputo cosa sia 

quel complesso

 

È come tenuto a distanza da un ampio prato senza nome in cui si vede piccolo

 

un parco giochi, alberi verdi ma anche rossi

Ai piedi di tre palazzi davvero strani

Sembrano il risultato di un impilarsi sbagliato di TETRIS, livelli tutti neri e bianchi

con una pianta a rombo e l’ultimo lungo 

monolitico blocco 

puntato lì in cima

svetta la verticale del GAME OVER

 

E hanno geometriche gemme fotovoltaiche

Altri rombi neri che stemmano obliqui i tetti di quegli edifici Rombi 

del traffico che scorre Poco oltre

 

La tangenzialina 

una strada a scorrimento veloce che collega le due fiere, quella di Citylife e quella di Rho, ma

Al di là, già si vede 

il Monte Stella

E a destra

C’è un sentiero un po’ nascosto, molto bucolico che ci arriva e passa in pratica

tra le corsie e il quartiere Gallaratese Boldinasco, con i suoi edifici civilissimi

blocchi di uffici

Mediocrità in klinker

prati e alberi

Genius

foglie gialle di ginko

E davanti a una cascina abbandonata con gli orti e altri gatti

Che abbatteranno

Lì c’è il sole a picco e poco dopo un ponte

Cheap thrills

Soprelevato dal traffico, su cui molte volte mi fermo un attimo

per cui poi si attraversa e si arriva lì

Di fronte a uno pseudo albero della Bodhi

Che sta al centro di una panchina di pietra circolare

Con un segmento lineare che sembra proprio 

Un circuito o un simbolo 

di accensione ON/OFF

Sessuale 

 

E poi scelgo che percorso fare

 

mi spingo su, tagliando verso l’alto i primi livelli erbosi 

Non troppo ripidi

 

La luce sulle foglie trama 

chiari sul mio viso

il cielo ritagli

Piccoli specchi

Odore di umido

Sottobosco

opaco

Terriccio di lombrichi, fiorellini, 

muschio, sui sassi

licheni gialli e grigi sui tronchi

Tagliati con le radici esposte 

Riverse a brulicare una morte ancora

 

Arborescente

 

In una radura dove si può dimenticare

 

Il percorso vita con i suoi cartelli e vari supporti per fare gli esercizi

Tenersi in forma, sbarre, anelli

È un altro concetto di

 

bionti, riserve 

 

Varianti 

Di quel fresco fiato d’infanzia che poi mi serve per salire fino in cima forse

Ho calcolato male

Quanto dura 

è la salita baby

Fino in cima

Fa già troppo caldo

Fuori dalle fronde

Ripidissimo sudare

Sul calvo capo 

Della collina

 

E siamo solo a maggio

 

Flames 

Che tramonto!

 

A giugno stiamo là nell’erba arsa 

a bere vino bianco 

 

E ci baciamo

Fire meet gasoline, fire meet gasoline

 

I coleotteri si affollano rasoterra

Neri esoscheletri metallici 

lammellicorni o scarabeidi

Un insetto si posa sulla mia gamba

“Sai se punge?”

Dei ragazzi fanno decollare un drone

Chissà scandaglia

 

La sua scomparsa

Comandano 

L’eccessiva perfezione 

meccanica l’aria

Repeat chorus

Che ora

 

Respiro lì

 

x 2

 

E torno indietro

 

*

 

Tornare indietro è qualcosa che poi non registro, che non riesco a ricordare 

[RECORD]

Non so perché ma non ci faccio molta attenzione, scivolo lì dentro  Senza

direzione, attrito, impegno

 

Automatico 

Passi

Move your body

Ma è diverso

quando vado ho sempre una certa non fretta

ma voglia 

di arrivare, anzi di andare 

E quasi gettarmi nella lunghezza della via cantando 

Bird set free; Alive;

 

Spari

Soprattutto nel weekend, colpi senza ritmo

oltre il muro

Spingo passi,

Elastic heart

angoli

 

Cammino veloce, mi piace sentire la spinta della gambe, fendo facile l’aria con il corpo, premo meglio sull’asfalto, quasi mi slancio

Quando arrivo dove inizia la ciclabile che costeggia il poligono di tiro

e più mi avvicino a quel sentiero 

Ma non corro, non mi piace non sento

Quella propulsione che parte da dietro, quell’aderenza

Muscolare con tutto 

Let’s love

 

Correre invece porta a essere proiettati un po’ troppo in avanti, c’è qualcosa che manca 

Consistenza, come se ci si perdesse in un vacuo, e non mi piace quel ritmo così

Sussultorio 

E poi correndo si ha una visione un poco più ristretta, come se non si avesse spazio o la giusta progressione per assorbire quello che ti circonda

quella continuità che invece camminando Sento

Sempre salda

Quando svolto a destra, dove c’è il muro di mattoni rossi

E lì è alto, ricoperto di edera

E di murales acidi pastello

Che poi continua più basso una volta

che la strada per le auto che si inabissa nello svincolo 

e il sentiero invece prosegue, e dispiega un silenzio interstizio dove si riposano file di panchine alberi erba 

E sembra che lo spazio si dilati mentre ci cammino dentro

creando anse ombrose di fronde e

altro spazio aperto spostando 

 

Verso destra il muro rosso, la grande scritta PAC MAN

Verso sinistra le corsie della tangenziale, i prati chiari

E un’ufologia di vertiginosi lampioni bianchi

Che si erigono iconici nell’erba

Lineari e perenni, quasi santi Raggi 

conficcati nel terreno per rapire respiri

 

Ma scorro in una navata di alberi

che mi proteggono e filtrano

 

Quel sottile reticolo di luce tra gli aghi e le foglie

Che sparge

Un incantevole scintillìo

 

Proseguendo poi gli alberi si fanno più bassi e radi e i tappeti erbosi

Si fanno più ampi, si sollevano un poco sembrano 

mossi, quasi planare

 

Qualcuno passeggia con il cane

 

E ci sono fiori, garofani selvatici ranuncoli trifogli e altri un verde più chiaro brillante che evidenzia

l’opaca lamiera plissettata del guardrail e lo sfrecciare parallelo dei veicoli che veicola 

 

quel vento tecnico

Unstoppable; 

 

E mi viene voglia di andare lì in mezzo

A tutto questo

Breath me

In quell’aperto

 

Spazio 

 

E mi succede all’improvviso la sensazione

di attraversare la me che è già andata, arrivata

O all’inverso nell’altra direzione

O che andrà e arriverà

O sta andando proprio adesso

In tutto il tempo presente

Tranne uno

 

sotto quel dubbio larice che si curva quasi in uno spasmo

plastico abbandono 

godere di quell’essere andare E

 

Sempre accade

 

Quella completezza, quell’essere intera

 

Anche nel punto più brutto

Di fianco alla cascina pericolante

Dove l’erba è logorata dal calpestio e c’è solo un cordolo di cemento a separarmi dalla strada

 

e si vede al di là

il fianco della montagnetta dove giacciono

schiere di alberi bambini, con le radici fasciate in ruvidi sacchi

pronti ad essere messi in terra

 

E diventeranno un più giovane declino

boschivo che risale

Cresceranno e affonderanno le loro radici 

invisibili

Sotto i miei piedi come

Il tremare del ponte che attraverso

Cheap thrills

E tutta questa massa di anni

detriti

Che sedimentano seri

i resti della guerra

Li hanno ammassati lì

E con le rovine che derivavano 

Certo Sirio

l’ardente, il bruciante

Boom

Negli anni ’60

Hanno fatto poi 

la montagnetta 

 

Rami reticoli

Vuoti di cielo che traduce

vari verdi

In cui mi perdo Tra le specie arboree ricordiamo: l’acero di monte, l’acero bianco americano, l’acero saccarino, 

il bagolaro, l’olmo, la quercia rossa americana, il carpino bianco, il faggio, la betulla bianca, il pioppo nero e il pioppo bianco, 

l’ippocastano, 

il tiglio selvatico, il platano comune, il cedro dell’Atlante, il peccio o abete rosso, il pino nero e, infine, la robinia con la sofora

e l’ailanto.

 

Due scoiattoli si rincorrono su un albero 

Schermagliano

fino in alto

Poi saltano come

 

La spada nella roccia 

 

Grandi sguardi liquidi e tremanti

 

Che mi fissano bianco nero dai fusti delle betulle

 

E nella radura 

 

Tronchi monchi

Radicali divelti, 

irrazionali

Alberi in fiore 

Strani ibridi

Ciliegi metà rosa metà bianchi

Innesti

Di sentieri ma verso la fine nelle gambe

Sempre Accumuli 

Età, fatica inevitabile risalire 

Questa via lattica

 

Lo sterrato che diventa

 

Molte volte

 

O melma o polvere  

 

Rigel, Canopo, forse 

favorevole o funesto presagio

 

Primo o ultimo sorgere 

 

Inalare 

 

Ancora ombre

 

Corte e dritte nell’obliquo 

 

Polvere

 

Espirare

 

Lo scarabeo sacro viene anche talvolta indicato con il nome di scarabeo stercorario […]

simbolo del sole e della creazione […]

secondo una mitologia dei primordî, il sole era una grande pallottola rotolata per il cielo dalle zampe anteriori di quell’animale. Si chiamava ééprer, non connesso col verbo éôper “divenire” […]

Evocava, con la vita che rinasce dalla materia non vivente, il mito dell’eterno ritorno. 

 

*

 

Ci sono due modi per arrivare in realtà

 

O il giro che faccio di solito

O passando dal Portello, cioè dietro dove c’è il parco industria Alfa Romeo

tutto sinuoso e curvilineo, all’ingresso c’è tantissimo glicine e altri alberelli 

 

C’è una bella apertura, si vede molto cielo

Anche questo è un parco su più livelli

E si vede lo skyline

Soprattutto quando si va in cima a quest’altra collina artificiale, molto urbana

È una vera e propria spirale

E l’hanno fatta proprio per legarla concettualmente, storicamente

Al Monte Stella, che però è più irregolare, un po’ deforme

 

Vista dall’alto, dalla mappa

Insieme formano due poli

Occhi da ipnosi o come delle bobine di nastri

di una musicassetta

Ruote di una bicicletta

 

c’è un collegamento infatti e lì dietro c’è un altro ponte che consente di oltrepassare quel grande viale che poi diventa la minitangenziale 

E         congiunge

 

QT8, un quartiere rettissimo, residenziale, che hanno costruito quasi da zero più o meno nello stesso periodo

Si passa in questa via alberata di condomini squadrati

e si arriva dal lato dove c’è il campo sportivo, la pista di atletica

E poi da lì si sale

 

Ma faccio l’altro percorso molte volte

Perché è più bello passare

 

dove si apre quello spazio tra i palazzi TETRIS, e sembra che lì il cielo riesca a esercitare una pressione maggiore 

sulle cose

Come se riuscisse a custodire intatto 

Un repositorio di latenza

 

E da lì guardare

all’orizzonte

Lo scheletro cetaceo di un ponte che si impone con la sua cablata carcassa di tensioni e ricalca

la dorsale d’acciaio il crinale della montagnetta 

l’intersecarsi delle corsie il muro di mattoni

quel reticolo i colori maiuscoli dei murales il verde e il bianco iconico dei lampioni

il grigio della strada che sfreccia Poi

Sotto il ponte

 

Appoggio le mani sulla balaustra e sento vibrare 

Per il flusso di auto auto auto aut

Che investono la mia ombra perfettamente

Perpendicolare E

dietro la schiena 

un rivolo di sudore corre Cheap thrills;

Together

Solo una forma

Così aderente

To get ther

chiudo gli occhi e divento nuda notte sono 

a Milano Londra

nella locandina di Crash, adattamento del romanzo di Ballard

film di Cronenberg nella pelle che si raffredda mentre scende

Quel brivido dimensionale ambiguo spell

Di un desiderare  [tɛns], inquieto, tensione elettrica

le luci di un diverso cieli wish, wish

Ma un clacson mi riporta sullo stabile esistere 

della struttura:

 

due modi per arrivare in realtà

O scalando in qualche punto i pendii

O percorrendo le volute

Spirali 

Respiri

 

modi

Che si incrociano

per arrivare in realtà 

 

passi

sull’ultimo tratto scosceso

 

Per 

Coniugare

Esemplare incognita

Croce

 

Dove finisce

 

La fatica

Dio

 

Arrivare 

 

E poi piano

 

Inalare

 

L’orizzonte 

 

sterrato

dove appare 

 

un grande casco nero

 

in cui respirare

 

X

 

Continuo 

Ruotare 

Cadere 

Continuo in un buio che si deforma mentre cadere avanza mentre continuo nuovo

espiro 

quest’aria che esce continua tutta quest’aria che esce continua nuance nociva succhiata dalle labbra dello spazio che mi circonda strettissimo dentro me e ha un peso vortice che mi schiaccia e mi spreme sottovuoto i polmoni, tutta quest’aria che 

espiro senza 

sapere senza finire senza senza a aaaaaaaaaaaaa

Di averne ancora 

Comprimere pregare continuo no

un lampo di quel sogno che stavo facendo, oddio 

Ecco l’ultimo

 

Ma nuova aria una luce sa emergere alla fine 

 

E nuovo continuo cadere ere e in una più densa varietà di buio gamma 

onde di vacuità densissimo 

flutto che mi spinge contro preme e inabissa in uno scavato volume tra le costole ad ogni 

 

espiro lunghissimo 

 

lunghissimo spremersi pneumatico un risucchio ermetico rosa pleura che mi spinge nell’ulteriore 

amalgama 

gravità di imperativi che collassa il proprio nucleo in un altro fuori 

Pressione che compatta

 

Ecco l’ultimo Sempre 

E spiro

 

Ma smentito subito ecco

Prendere tutto il fiato che posso

 

In una volta sola

 

X

 

/in·nè·sto/

1 fare, operare, praticare un innesto. Tra i tipi più comuni, l’i. a occhio o a gemma, in cui un pezzo di corteccia munito di una gemma si inserisce nella regione sottocorticale del soggetto; per altri tipi (i. a marza, a talea, a spacco, per approssimazione), v. sotto le singole voci.  2. In biologia, il termine, usato anche come sinon. di trapianto, indica una speciale tecnica con cui si riesce a congiungere permanentemente due animali o loro parti o a trasferire un frammento più o meno esteso di tessuti o addirittura un organo intero di un animale su di un altro o sullo stesso individuo, nella stessa sede o in sede diversa da quella originaria. 3. In medicina: a. L’atto chirurgico con cui è effettuata la trasposizione di un lembo di tessuto o di un organo 4. a. Nelle costruzioni meccaniche, meccanismo atto a stabilire o interrompere il collegamento tra due alberi coassiali rotanti con uguale o diversa velocità angolare, con manovra agevole e rapida (manovra d’i.); differisce dal giunto per la temporaneità del collegamento, che può essere attuato o interrotto al tempo voluto e per un dato periodo:  b. Con sign. attivo, la manovra mediante la quale le parti dell’innesto si fanno venire a contatto in modo che la trasmissione si com

 

Si dice che quando si immagina di fare qualcosa, a livello cerebrale è come se si facesse davvero Allora 

 

ci si continua a ripetere interiormente istruzioni intuizioni e spezzoni di frasi, versi, ricordi

 

molte volte

 

mi succede anche prima di addormentarmi, o cerco di farlo quando il sogno è un po’ lucido

 

Prendo appunti

 

O forse è una di quelle cose da degenerazione o nebbia cognitiva 

effetti collaterali dell’anestesia, misurata mistura di morfina

 

O più semplicemente da soggetti ossessivi: ripetere e ripetere e ripetere e

Descrivere orbite

Ambiguo termine, termine: anch’esso ambiguo                  liscio crinale

scivolare

Per non dimenticare e immaginare meglio 

aggrapparsi ai dettagli, ripristinare la sequenza dei dettagli per non permettergli di disintegrarsi, frammentarsi in falsi O

 

scindersi 

pensieri e sensazioni e particolari che dobbiamo perpetuare perché mantengano la loro persistenza, perché possano per durare

Per per per

visualizzare

camminare, camminare veloce nell’aperto 

anche correre, anche se sono in un bianco letto

 

E se si fa qualcosa e si visualizza insieme, sembra che si potenzino

 

I muscoli delle mie gambe che si contraggono

E rilassano, si contraggono

gli effetti

conto fino a dieci, isometria, leg extension, già un giorno dopo l’intervento

3 serie

e muovere i piedi, tenerli fuori dal lenzuolo, che aggiustarmi poi

Muovermi

È complicato  

stirare le punte

cercare il più possibile di essere autonoma

Distendere legamenti Immaginare 

l’interno del mio osso ricomporsi Vitalizzare

i vasi sanguigni

il metabolismo

 

Complemento. Enoxaparina 4000, lansoprazolo 15, antidolorifici al bisogno ghiaccio

Chiedo all’infermiere Mi porti un altro margarita frozen per questa gamba per favore?” 

È gonfia e sembra ancora storta ma

non mi fa molto male Ricordare: la corda dello strumento, della lira, e il cuore – uno strano ibrido adesso sono cyborg

ho una placca e sette viti in titanio

 

tutte quelle fibre muscolari striate. Striate o lisce?

Che si contraggono

 

I tessuti che si riparano

Nuclei e processi che si attivano sintetizzano

 

Osteoclasti

 

Mi sono rialzata e ho cercato di camminare dopo che sono caduta ma non riuscivo a caricare

 

Il peso 

Alla fine

 

Poteva andare molto molto peggio di

Esito 

 

frattura piatto tibiale dx, scomposta, pluriframmentaria

 

In pratica è la parte dell’osso sotto il ginocchio che si è

Spaccata e affossata

Infatti mi sembrava un po’ deviata ma pensavo

fosse gonfiore, una distorsione

più che dolore ho sentito girare

E l’ho capito quando mi hanno detto che dovevo fare l’rx torace, che mi avrebbero operata

 

Ho respirato, e ho chiesto 

quanto ci vuole

3 ore, per l’operazione

No, per tornare a una vita normale, intendo

ci vogliono mesi e io ho risposto che avrei fatto prima, che sarei tornata ancora più in forma di prima

 

Non ho ancora visto la ferita

 

Guardo la gamba oltre la garza

Tenere l’arto elevato 

La gamba che è la mia ma non è più la mia, ha una sensibilità strana

rivendica un altro genere di appartenenza, una maggiore condivisione con l’esterno Adesso 

è del letto dell’aria della stanza è del tragitto letto bagno è del corridoio del reparto ortopedia dell’ospedale è di fuori dalla finestra è della città degli edifici delle strade è dello

 

Spazio

 

remoto

 

dove voglio andare?

 

Durante l’intervento ho sognato che ballavo di notte in un bosco.

Come in un rito primordiale

Ipnotico

 

Restare lì fissare 

 

Il galattico evolversi dell’ematoma 

Macchie ora giallo verde, prima nero viola

 

Volere

 

le pale del ventilatore a casa di mia madre che sfumano grigio sul soffitto due mesi

 

X

 

Giorno di latte sporco, al cielo manca una dimensione, un eccesso di equità pareggia il paesaggio in cui comunque mi muovo abbastanza bene, ho recuperato tutta la flessione, toccare il gluteo col tallone, fatto due cicli di fisioterapia all’ATS di piazzale Accursio dopotutto

ho reagito bene, è un grande sconto sul karma!                   

E prima del previsto

È il 12 ottobre E

finalmente sono tornata a casa mia, l’ultima volta che ci ho messo piede era il 14 agosto, e scendevo veloce le scale, inforcavo la bici nel deserto facile

Andare nel bruciante ora            lenta

riesco a salire i quattro piani di scale con una sola stampella  

Per uscire ancora le porto entrambe, per sentirmi più sicura 

ho quasi i calli sui palmi

Qui a dentro  casa mi sento più a mio agio, posso riappropriarmi

Respiro

quasi sorrido

dal mio balcone verandato

Tutto quello che è passato

Medicazioni con il betadine, deambulare con il deambulatore, un passo alla volta, sempre fare attenzione, l’ansia di cadere o che la gamba

Si saldasse storta

non riuscire a dormire, svegliarmi ogni due ore, con quelle fitte al tendine di Achille, e la sciatica, per la posizione

 

Contemplo il grande platano non più tutto verde che presto verrà potato ma che meglio ricrescerà la più vigorosa e tenera novità sui suoi monconi, che non ci sono ancora però 

L’hanno aggiustato

L’osso sta guarendo, è ben allineato

 

Ma questo scremato sole 

Che ottunde

 

Anche lo sfrecciare delle rondini

che irrompono la loro fuga di stagione nel cielo vetroso E sono ormai oltre 

un qualche tipo di superficie che in qualche modo mi separa che in qualche modo percepisco come differente distanza o differita 

durata 

Che faccio fatica ad attraversare

Lancette, zampette, bianconere strisce

RX

E questi cieli

Che non cambiano e restano

totali 

Celesti o piovosi continui

Schermi 

Per molti molti giorni

progressi

Che non scorrono 

 

Per uscire a volte

 

click click click

 

indosso ancora un lungo tutore con le cinghie nere come quello che si vede 

in una scena di Crash.

 

X

 

Sul marciapiede, nella lunga prospettiva rettangolare tra i palazzi delle prime vie vicino a casa già si vede, il Monte Stella. Non l’avevo mai notato

 

Vado verso la fisioterapia, ciclo terzo

Attraverso

Cautela

Senza stampella

Che ancora zoppico un poco

 

“Non devi camminare così!: 1

Ma tipo  1111111111”

 

Come una macchina

Per la normalità 

del consueto tragitto

Tutti i giorni

Rischio di cadere 

se non alzo abbastanza il piede, e non ho i riflessi pronti 

per evitare

 

Provo per brevi tratti, ma vorrei riuscire a fare meglio

 

“Dai che sei bravissima”

 

Faccio fatica dove il suolo è sconnesso

 

“A volte restano delle superfici un po’ irregolari”   ha detto l’ortopedico

“è una frattura tra le più complesse, richiede molto rispetto

E tempo”

Scomposto ricombinato

tessuto  racchiude il midollo

emopoietico cosa sento

Si fa 

ma torna dritta vero

 

sembra quasi una S la mia cicatrice

 

?

 

Il problema maggiore, però, ipotrofico, è il quadricipite, che ha perso tono, molto

E massa

Che non ho forza per spingere

Velocemente, avverbio i passi

 

E non regge

 

Guardo fuori dalla finestra della palestra

Oltre il sottile colonnato tibiale

del portello Il piatto velo teso di metallo che ricopre la piazza 

la gente che passa,  naturale

Sette viti e una placca

 

Dall’altro lato c’è invece

 

Una camminata che ho fatto

Molte volte

 

—-

 

Molte volte

Celesti Instabile Ora

Desiderare

 

Un solo sasso chiaro 

che splende il mio spleen

tra le folte fronde non so 

Sul mio viso cosa trema nei pomeriggi

Quale specie

di mattino

 

sai se punge?

 

innesto

I’ve got thick skin and an elastic heart 

Titanio 

 

Ripetere Allora

 

e ripetere esercizi, dettagli 

usare il peso, 1 chilo, sei serie

Recupero, sto recuperando, immaginare meglio

Camminare veloce

facendo attenzione 

Contrarre bene il vasto    mediale panorama muscolo  oltre

al laterale, mentre l’ultimo fascio

Di luce femorale, retto

rosso tramonto del quadricipite

si allena solo negli ultimi gradi di flessione

 

Estendere Allora

Sollevare albe, una volta     

orientarsi

segni congiunzioni opposizioni o

collegamenti tra gli astri

forse Sirio, l’ardente, il bruciante Passi 

Falsi Immaginare Tonico 

Contrarre Fibre muscolari Pupille 

Il sole tra le fronde

 

Raggi

 

 

Buio trasparente

 

La croce fatta a pennarello Per non sbagliare gamba

L’ematoma nero profondo 

Ho ancora la macchia, si è ossidato il sangue, dietro il ginocchio Gonfio

Sìsì benissimo e ho una cicatrice Bellissima Ripeto sinuosa Resterà solo un filo ricordare forza Sono stata fortunata

poteva andare molto peggio poteva Sarebbe potuto

patire attivo o passivo Mobilizzare l’arto

Verbo, parallele, destino

Sirio in realtà è un sistema Binario

cave lingue metalliche 

Per fischiettare solchi nell’estate         sfiga

Passare il tram, essere investita volare e scorticarmi Interamente con l’asfalto, avverbio Rompermi la faccia i denti 

O molte più ossa

Sorrido

Ero di buon umore Sto bene sto bene Ripetere 

Stretching Adesso

Fai gli esercizi in carico

Di responsabilità

Sono caduta da sola, un eccesso di generosità, volevo far passare 

una macchina che avevo dietro

Senza motivo, e poi non avevo più spazio per evitare

O la rotaia o il marciapiede

E ho iniziato a scivolare

osteosintesi

 

mi hanno cucita a mano

hanno spostato il muscolo tibiale

Anteriore futuro

Non prenderci il sole

Tanto non si usa

 

Ripetere 

 

Lastra 

 

L’astra

 

In grado di proiettare anche durante il giorno

Un’ombra sottile 

 

Rip

 

Tra x mesi.

 

Di notte dopo l’intervento mi sembrava di annegare, andavo come sottovuoto

non riuscivo a respirare

 

“Non devi ballare, mi raccomando”

“da non sottovalutare i rischi”

 

Dell’anestesia

 

O di essere travolta da una bici o da un monopattino o da auto aut 

O

di inciampare in qualche

 

Serie

 

Conseguenze

 

x3

Per per per

 

mezzo; o

Moto attraverso luogo o

Moltiplicezione

 

Croce

Errore, operazione

 

Ansia che ventola 

 

GLITCH

 

Mi fermo in mezzo alla strada vicino all’ospedale dopo il controllo numero 4, a dicembre  

Respiro un fiato piegato

Sguardo basso sull’asfalto

Mi fa male la gamba, come non ha mai fatto, dico all’ortopedico

 

“Ma la frattura è perfettamente guarita”

Osserva la radiografia

“Perfettamente”

Sento come la vite che tira, magari è per il freddo che è venuto giusto

all’approssimarsi del solstizio 

 

“Molto probabilmente sono i mezzi di sintesi

Che danno fastidio, dovrebbe valutare di toglierli”

 

“Anche perché se dovesse farsi male di nuovo eh

Poi È un bel casino”

 

Ripetere l’intervento

“Anche se è molto meno problematico”

Di questa gamba che non sa più naturale

Camminare raccontare ricordare senza

Automatico riflesso ricordare specchio

cosa combacia dallo sterrato neurone 

 

E non sa dimenticare

 

Mi viene da piangere. Non l’ho più fatto da quando mi hanno portata dal pronto soccorso in reparto e per due ore

Scorrere naturale soluzione salina

l’ardente, il bruciante 

desiderio di tutto quello che avrei voluto fare che volevo ballare

Fluido 

articolare

Discorsivo

In quel letto

 

Foglio 

 

Bianco 

 

Non riesco più ad andare avanti.

 

Neanche a scrivere questo reportage, che doveva essere su questa camminata che ho fatto molte volte, in un anno

Fin dal principio

Solare

da febbraio a febbraio

 

Ma mancherà una stagione il terreno è troppo irregolare

 

Che non so coniugare

Andare

Con le insidie del foliage afasia

fango o cadere, scivolare, sin.

come-quando-fuori-piove

 

Semi o

Coincidenze

 

Fall, guardacaso

 

Che saldano la realtà in maniera così perfetta 

dritta vero? 

Da risultare innaturale

innesto

  1. fig. Inserzione di un nuovo elemento attuata in un complesso che è preesistente: la poesia de’ trovadori … operò l’i. di una cultura straniera sul tronco italiano (Carducci); lingua letteraria in cui soltanto a colpi di trasposizioni e d’innesti dall’uso parlato, tecnico e dialettale si può nuovamente far correre il sangue e vivere la vita (Pavese).

 

Scarabeo, incroci di parole, spell

Il ponte di Crashil tutore 

Se immagini una cosa a livello cerebrale è come se accadesse davvero

in titanio

Sia, Titans

La morte di Kronos.

 

 E poi come recupero

Tutto quel tempo il muscolo E

Tutti i dettagli che non ho registrato tornare che ho perso

 

Stella

 

Per amore 

 

Era il nome della moglie

Chiudere gli occhi solo per veder 

cadere

 

I sogni che avevi

Al liceo Piero Bottoni

È stato lui a progettare il parco

 

E quel pic nic che abbiamo fatto

Doveva essere romantico

L’intero spettro dei colori 

Ghosting purissimo 

Che s’impasta

Lamellicorni o scarabeidi

insieme a tutto il 

 

resto 

in questa massa cor 

rotta di tempi detriti 

Una sfera di mesi e mesi

che non so più

 

dal tedesco glitschen (slittare) 

e dalla parola yiddish gletshn (scivolare)

Il peso di molte volte 

in una volta sola.

 

Nè come passare io

Per tornare 

 

Per non

Per ire

 

|

 

“Bisogna sciogliere qui” – dice la fisioterapista mentre mi massaggia la cicatrice

“Mi fa male, anche se ancora sento 

diversa la pelle in certi punti” 

 

“I tessuti sono tutti incollati

succede con questi interventi, si creano delle aderenze”

Strati su strati: ossa muscoli legamenti tessuti connettivi derma epidermide

 

Lei pizzica e fa scorrere le dita sul segno

È una linea un po’ curva lunga 

una buona spanna

Che conserva come un’incandescenza

 

Chissà su maps che percorso ricalca 

 

Faccio ricerche, apro finestre, digito: monte stella, coleotteri, ars oblivionalis, apparato muscoloscheletrico, innesto; apro maps: 

invio

 

susseguirsi di passi

 

l’immagine di streetview si stira

 

Voglio arrivare in cima Allora

 

Click click click

 

Cerco di ricordare

 

Molte volte

 

Un due tre STELLA 

 

Respiro

 

tornare lì con la mente me stessa

incorporare

 

Gli scarabei stercorari tendono a trasportare la loro pallottola lungo una linea retta orientandosi attraverso la luce emessa dalla Via Lattea; se incontrano un ostacolo, cercano di superarlo scavalcandolo, senza cambiare direzione.

 

Scendo le scale della palestra, non mi dirigo verso casa

 

giro verso il Portello, passo dal retro del cantiere

Consolato

Incedere 

dove inizia la ciclabile

 

E si vede quel complesso, che non ho mai saputo cosa sia

 

Un repositorio di latenza

 

Ma mi spingo fin dove riesco

Finché non smetto 

di zoppicare 

zapping

 

|

 

Tornare lì per arrivare indietro

 

*

 

Un altro anno senza inverno, clima inverso alla nascita di Frankenstein

Non piove

Quattro giorni ha fatto febbraio e ci sono 19 gradi, precocissime gemme destinate ad altrettanto precoce fallacia

Non hanno avuto la lunghezza del freddo per accumulare tempra, stamina 

nelle loro fibre senza la necessaria qualità

Di questi autunni che non cadono. E corrompono la primavera, che impastano il non più al già

Gialla l’ascensione dei colori

tra gli spari del sereno poligono di tiro

Regolare

Piccoli pixel ritmano i miei passi

Nell’erba arsa

In cui procedo a passi ampi

Mentre mi avvicino e leggo sulla facciata a specchi la cubitale scritta

WJC 

E mi inoltro per la prima volta ai piedi dei palazzi TETRIS

Mentre un ventilare vischioso trascina

Blocchi

GAME OVER aptico

varco 

verso il parco giochi che si vede piccolo, poi sempre più grande, fino ad avere 

Adatta 

dimensione

 

Sembrava così moderno e decoroso invece è decorso, corroso. Pochi nonni e nipoti che giocano generazioni

Altalene, panchine

Manca quella di mezzo

Ci sono solo due catene

Che pendono 

Dal tendersi della struttura

 

A terra il vento ha radunato l’incuria e la polvere in un piccolo ordine: neghentropia, si dice

in cui si disperde un inquieto

 

Ma c’è silenzio

Qualcosa di intatto

 

Ad un albero spoglio è appeso il verde violento di un sacchetto di escrementi

 

Nonostante sia dotato di ali, lo scarabeo stercorario non è in grado di volare. Le ali anteriori sono totalmente indurite (elitre) e vengono usate come protezione per il corpo 

 

Attraverso la strada e nello spazio davanti all’ingresso del World Join Center, in un’ansa bianca

 ci sono due figure, due statue scure in piombo credo

due uomini che sembrano ustionati, con la pelle di cera. L’opera si chiama Il punto di fuga, guardacaso 

e la sottile soglia delle palpebre si dischiude proprio là 

all’orizzonte dove

 

È tutto vero

 

Lo scheletro del ponte che si impone 

con la sua cablata carcassa di tensioni  tense 

e ricalca

la dorsale d’acciaio il crinale della montagnetta 

L’intersecarsi delle corsie i fasci del mio quadricipite

Femorale muro di mattoni reticolo colori, 264 

Rombi del traffico streaming cadere ere e

 

Eco che dice

Suggerirei che si può dimenticare, e volontariamente, sia grazie all’interferenza tra informazioni sia grazie al loro eccesso. Spesso una nozione o una parola non vengono dimenticati, bensì confusi con altre nozioni o con altre parole, sia per pseudo-sinonimia (per esempio si confondono tra loro le parole /paronomasia/ e /antonomasia/) sia perché inizialmente di fronte a due cose (parole, nozioni, azioni da compiere) non sappiamo quale sia quella giusta, poi riceviamo l’informazione esatta, ma da quel momento ricordiamo insieme errore e correzione senza ricordare quale sia l’uno e quale sia l’altra – ovvero il dilemma ci ha impressionato più che non la sua soluzione, ed è quello e non questa che ci si è impresso nella memoria. […] 

Non si dimentica per cancellazione ma per sovrapposizione, non producendo assenza ma moltiplicando le presenze.

 

Click click click  Claudicanti nubi

 

di dati

 

Sutura 

 

a destra il sentiero ombroso ameno la grande scritta PAC MAN

a sinistra i prati chiari, ufologia di lampioni

la lamiera plissettata del guardrail e lo sfrecciare dei veicoli che veicola 

quel vento tecnico

Unstoppable; 

 

M’inoltro al centro, percorro

 

navata di alberi

 

Coniugare selvatici

Fiori, tappeti erbosi

Quasi planare

 

Qualcuno passeggia con il cane

 

E sembra che lo spazio si dilati mentre ci cammino dentro

 

11111111111

Come una macchina

Per la normalità

 

Binaria

 

Larghi giri di nubi sfumate

Declinazioni di luce che rivelano e contrastano

Il caso 

Solido ablativo

montare di quelle masse di vapori

Mentre procedo 

Shuffle

Verso l’equinozio

 

quel dubbio larice che si curva quasi in uno spasmo

plastico 

L’hanno fatto a pezzi

Un nastro rosso e bianco

perimetra i resti

Esposti i rami tagliati 

 

Un’altra ombra abbattuta, un altro facile bersaglio per il sole che sarà 

cattivo

BOOM

Blocchi di uffici

Mediocrità in klinker

E la cascina pericolante con gli orti e altri gatti

anche quella Ora

È vuota

pronta per essere demolita

 

dall’altro lato, sul fianco della montagnetta 

filari di alberi bambini, fasciati in ruvidi sacchi 

sono stati messi in terra

Esilissimi e spogli

Chissà se reggeranno

La subordinata

Che cresceranno

Il peso 

dei declini 

 

Lo sforzo della gamba

 

Arborescente

 

Avanti

Move your body

Sia

Congiuntivo

 

Salire

 

Sul ponte di Crash, dove il traffico investe la mia ombra

perfettamente E

 

Sempre accade

 

Appoggio le mani sulla balaustra, lo sento vibrare

In una centralità

Materiale In un equilibrio

Di stati

 

Sbrecciare sonici

 

Cheap thrills

sudore

auto auto auto aut che

 

ambiguo spell

Di un desiderare  [tɛns]: tensione elettrica

ON/OFF

Sessuale 

 

Spontaneo spingere

 

[tɛns]: teso

Nel verbo: tendere (tighten); contrarre un muscolo

O noun: tempo (grammar) come si coniuga

in the past present future tense, continuos 

 

Attraversare

 

Move your Bodhi

 

Raggi nel boschivo

 

Salire volute

Spire

 

E con le rovine che derivavano

forse Sirio

l’ardente, il bruciante

risalire 

Strani ibridi

 

Cosa diventi

quando fai un passo alla volta, quando devi imparare

 

Molte volte

il percorso vita con tutti i suoi cartelli, sbarre, anelli

Occhi, betulle

 

Cercare la via più dolce

Articolare 

Caviglia ginocchio anche

questo discorsivo, destino 

In una quasi facile anabasi

Se si decide di riuscire a salire che è questa la volta

Celeste

Che splende il mio spleen

nel profondo 

Participio

Spingere

Detriti di anni 

che sedimentano serie

di sentieri modi

Che si incrociano

in realtà 

 

passi

 

Per 

Coniugare

Esemplare incognita

 

E sotto le suole ghiaia un qualche rotolare di risa

È un altro concetto di bionti, riserve 

Varianti di quel fresco fiato d’infanzia che poi mi serve per salire fino in 

Croce

Rocce

Che sempre accumuli

Nelle gambe

Questa via lattica

 

Ogni elemento più pesante del ferro proviene dall’esplosione di una supernova

E penetra

Tra le folte fronde che non so

 

Scosceso 

Cantare

 

Innesto

Sacro 

Respirare

 

E  fondo 

 

Inalare quel sole

che mi bacia apice

 

Fire meet gasoline, fire meet gasoline

 

dallo sterrato

Schermo

la luce con le dita

 

sul limite

tra i grattacieli lontano guardacaso

C’è un incendio

 

E oltre

 

Non ci sono ingombri, eccetto

 

un glitch gigantesco

 

là in fondo, al principio del declino c’è un grande casco nero

E bianco. Prima è più lontano, un dettaglio innaturale, ZOOM+ mi avvicino

È il capo corazzato di un ragazzo che fa bikecross, intorno a lui altri mal dimensionati umani

ragazze runner; altri caschi più piccoli, sezioni di ruote, visi sorridenti sudati, spettri di colore che permangono insaturi e traspirano impigliati tra i pixel

 

E poi torno indietro 

 

per l’altra strada, quella dove 

non sono passata

Attraverso quell’altro ponte che ha la grata antisuicidio che reticola

Il grande cartello verde acido IDEALISTA

E l’insegna di McDonald’s

 

Mentre semplici coleotteri profani ronzeranno l’estate ancora 

Senza rotolare niente, nessuna materia inerte

Al tramonto, nell’erba arsa

Voleranno e scivoleranno e basta 

sulla mia gamba 

che sa cos’è E

sperire

 


Sofia Natella
È nata nel 1984 a Milano. Negli ultimi anni ha scritto reportage per la TRILOGIA NORMALISSIMA di CTRL magazine&books; compone poesie, alcune intorno a un buco nero, apparse sul n°4 di Quanto – rivista di letteratura speculativa. Conduce esperimenti.