di Sofia Natella
Arrivo lì. Respiro. E torno indietro
*
Respiro
Forte
Spingo
le gambe il fiato continuo
Salire
oltre il selvatico
l’ultimo tratto
Scosceso
e poi
Fondo
Inalare quel sole
Che mi bacia
Dallo sterrato
Apice che domina la città
E oltre
Da un punto tuttavia periferico, sul limite
Tra l’area metropolitana e il fuori
nord ovest
Non ci sono ingombri,
eccetto un unico albero, che fa ombra a
una panchina pietra
proprio in fondo all’altipiano al termine
della collina per cui
Spesso tira vento, o fa molto caldo
Ma si vede tutto l’orizzonte resto
qualche minuto lì a respirare
l’ampiezza del cielo
circolare
il variare delle nubi l’azzurro
Screziare bianco il verde
grigio bordo
degli alberi
e della strada che scorre là sotto
I monti
In pratica se è sereno si vede tutto l’arco alpino e di notte
però non molte stelle, soprattutto da un lato
C’è troppo inquinamento,
di tutti i generi
e si vedono solo le più vicine
O luminose
Rigel, Canopo, ovvio
Sirio
E la città dall’alto, col suo stuolo di tetti e tutti quei nuovi grattacieli
curvilinei, o più
monolitici che svettano le loro superfici di specchi
E rimandano un diverso
Cielo Il riflesso
ritaglio
di quello che si trova
tramonto
Respiro
Alle mie spalle
E torno indietro
*
Lì: Monte Stella, o montagnetta di San Siro. È un parco cittadino
Elevato
circa 50 metri, uno dei più selvatici
Una collina artificiale
Fatta con le macerie della seconda guerra mondiale
Hanno messo alberi tutto intorno per evitare che franassero
i declini
su più livelli
Ci sono dei percorsi a spiraliformi che alternano
Pendenze o tratti pianeggianti, più o meno sgombri o fitti
In cui spesso mi perdo infatti
non ho ancora capito bene come sia strutturata, o quali siano tutti i percorsi
possibili per arrivare in cima
Ma di solito salendo mi aggiro per queste
zone boschive, che non sembra di essere a Milano
Ci sono alberi molto alti, antichi
Abbondante vegetazione spontanea
Sentieri un po’ sconnessi
Nudo suolo, rotolare di sassi sotto i passi
E larghi prati che sembrano più campi, grandi rettangoli con i camminamenti cancellati dalle erbe troppo alte
Nell’assolato
Procedo a passi ampi
Ma c’è anche una parte asfalto, per lo più ombreggiata
E infatti un sacco di gente va lì ad allenarsi
C’è chi corre sulla zona bassa, vicino al campo di atletica
chi fa trail, o bikecross
Ci hanno fatto anche delle gare di sci in passato
Negli anni ’60 credo
quando si andava lì ad ascoltare la radio e il parco era appena stato inaugurato
Ed era una cosa nuova che
Ci sono delle salite o viceversa discese a gradoni
E dei pendii erbosi
più o meno ripidi
A seconda del punto che scegli di percorrere
Selciato o
terriccio
e radici
Sbrecciare sonici
Vari versi di uccelli
Latifoglie
Conifere e arbusti
Ma non si incontra mai molta gente. È abbastanza grande infatti sembra spesso di essere
soli soprattutto nei giorni feriali
si può stare lì in eterno volendo
A girare nel boschivo o
stare
su una panchina, a guardare
da una delle terrazze del versante che dà verso Lampugnano
È un punto mediano, per cui sembra di essere come sospesi
In una centralità
Materiale In un equilibrio
Di stati
Concreti, ariosi in uno
spessore
In qualche modo osmotico, traspirante
E raccolti tra i rami degli alberi che stanno dietro Forse
Ontani ecco
ologrammatico
E l’aperto rigoglio che si stende davanti
Gonfio
Le chiome più in basso
Irregolari, che limitano l’estensione dei prati
L’obliquo dei raggi
Ecco mi stavo dimenticando
Una volta
Qui a fianco ci facevano i rave o comunque delle feste C’era
un chioschetto che vendeva da bere
Magari si andava lì la sera
A bere una birra sulla scoscesa
O fare un pic nic sulla cima
Stando sull’erba dei pendii ovviamente
Verso Occidente
Al tramonto in estate è molto bello e se è limpido si vede tutto lo spettro dei colori o
il contrastare della luce sulle nuvole, rosse
O nere
promesse
Temporali
O sereno
quello sfumato verde giallo rosa verso la città e verso fuori
Ultra indaco
Respiro
Ronzare di coleotteri
Che si affollano Sempre
Nella bella stagione
Mentre ci baciamo
Il crepuscolo
E torno indietro
*
Parto da casa.
Scendo quattro piani di scale
Mi piace dove vivo ora. Sono in un quartiere più alla mano e multietnico, al di là del ponte della Ghisolfa, una specie di pista di lancio soprelevata che poi si scioglie di nuovo nella circonvallazione, un anello di traffico e terribili filobus
ma c’è un sacco di verde, davvero
oltre ai parchi, molte strade alberate
È una zona non proprio periferica ma quasi, abbastanza vicina alla tangenziale
Prima era campagna, poi industriale Adesso
è un tessuto di edifici civilissimi e squadrati, qualche casa di ringhiera e d’epoca, capannoni più si va verso fuori, e lì stanno anche iniziando a costruire case nuove
Invece verso il centro ci sono villette un po’ decor, ce ne sono proprio in serie, per isolati e isolati, qualcuna un po’ in rovina, la cosiddetta piccola Svizzera, mentre altre
sono sparse e
bellissime
nascoste in vie minuscole
E poi ci sono molte case expopolari, filari contigui lunghe sequenze
di caseggiati anche decorosi degli anni ’30 o più semplici anni ’50, con enormi giardini pieni di alberi molto alti, platani e frassini, come quello del condominio dove abito, che ha anche i giardini singoli al piano terra
si intravedono oltre le siepi che ricoprono i cancelli
gelsomini odorosi, passiflora che sboccia i suoi mandala bianco giallo viola
nel tratto della mia via che è una via
a croce
privata
svolto per arrivare su via Varesina, e da lì
verso piazzale Accursio
che è un piazzale davvero molto ampio, con l’ATS, un sacco di servizi
c’è anche l’ex tirassegno nazionale. L’ingresso ha una bella facciata liberty ricordo
quando ero bambina e vedevo questo rudere tutto decorato e infestato dalla vegetazione Adesso
è tutto transennato e ci stanno facendo la sede nuovo consolato americano, uno spazio immenso cantiere già circondato da un muro
ho visto i render di quello che ci fanno
una specie di complesso ecobeige, con del verde
Che mi è sembrato in qualche modo
cattedratico
e lì a fianco c’è il Portello, un centro commerciale all’aperto molto gradevole, uno schema di viette con i negozi, sormontati da pergolati di glicine
e una specie di piazza con un colonnato di metallo bianco esile e altissimo che si slancia verso
una vela credo Sempre
di metallo che la copre
Risale a una ventina di anni fa, quando hanno riqualificato tutta l’area
insieme a dei condomini alti con quell’estetica modulare ma
Asimmetrica
sembrano dei codici a barre sfalsati che danno poi sul parco che hanno fatto là dietro
Tutti vetro e cemento, rettangoli di finestre e balconi, e oltre se ne vedono altri
In lontananza, andando verso il centro
Alcuni hanno degli inutili segmenti di metallo
che si innalzano sulla facciata, intersezioni di linee che perimetrano dei vuoti e sormontano i balconi
li fanno sembrare degli oggetti virtuali, più che dei posti dove si possa abitare veramente
Ma sarebbe già un’altra zona lì gli appartamenti costano caro
Mentre la mia zona si chiama la Cagnola
che va da lì, anzi da piazza Prealpi, che era piuttosto malfamata
fino a Villapizzone, e ha ancora
qualcosa del piccolo borgo, con vicoli e piazzette lastricate
Molti rifiuti a volte, un rudere bellissimo di villa
Il campo rom, la fondazione Mondadori, la comunità dei gesuiti in una grande cascina, una bella chiesa, un liutaio, la bottega di una stilista e di un pittore
la libreria Baravaj del mio amico Fede che vende usato
E un altro parco ancora intitolato a Giovanni Testori, con una lunga passeggiata piena di murales che va dalla fermata del passante ferroviario
a costeggiare i binari e fino al liceo che ho frequentato
Liceo scientifico P. Bottoni
Quasi tutti i miei amici di quel periodo si sono trasferiti qui vicino, come me, da chinatown e dintorni. C’è una dimensione che sembra quella più limitata e maneggevole tipo
degli anni ’90 o primi 2000.
L’Esselunga di via Mac Mahon è così
Anacronistica che potrebbe vendere UBIK.
E poi c’è il mercato in strada due volte a settimana, dove urlano
prezzi bassi esotici
ortaggi a 1 euro vestiti usati
oltre al mercato comunale coperto su cui però c’è già
un progetto di riqualifica Speriamo
che non gentrifichi.
Ci sono anche una bocciofila e un paio di circoli davvero ARCI, è pieno di servizi e piccolo commercio, qualche bar e posticino per mangiare, un paio di locali che fanno musica dal vivo, tipo il Garage Moulinski
e verso la circonvallazione qualcuno dove si può fumare il narghilè. Ma è tranquillo, anche se di tanto in tanto la sera scoppiano fuochi d’artificio randomici, su cui ci sono varie ipotesi c’è anche un negozietto che li vende
la merceria, ferramenta
binari dove passano i tram d’epoca,
il rigattiere in fondo a viale Espinasse, negozietti intercontinentali asia africa sudamerica
e gli store dei cinesi, i trovotutto. C’è molta calma, e silenzio anche
Sembra
che nessuno abbia fretta di affermarsi, che forse ci abbia rinunciato o non dia peso alla cosa, che ci sia qualcosa di più importante e vitale
del premio che la grande corsa della città promette. C’è qualcosa di diverso. Tanti alberi. Colori Qualcosa
di sottile, spontaneo. Una certa confidenza. Consuetudine.
È una camminata che ho fatto molte volte.
*
Casa
Portello
Dietro il cantiere
Ampio spazio
Dove non sono mai stata
Tre palazzi TETRIS
Poligono di tiro
Spari
Murales PAC MAN
Bucolico percorso campestre tangenziale
Prati alberi lampioni bianchi
Traffico che mi affianca e mi sorpassa
Vecchia cascina
Affittasi uffici
Ponte
Stare lì nel perpendicolare
Vibrante
Sudore
Sospeso
Sul traffico orizzonte
mirare
Di grattacieli
Riflessi lontano
centro
Senza riparo
nel boschivo
risalire il declino passare
Attraverso
I raggi le foglie i vari
Livelli
innesti
Ciliegi in fiore metà rosa metà bianchi
A tratti mi fermo ma
Arrivo
Un due tre Stella
Respiro
/ˈsirjo/; α CMa / α Canis Majoris / Alfa Canis Majoris, conosciuta anche come Stella del Cane o Stella Canicola; è una stella bianca della costellazione del Cane Maggiore; è la stella più brillante del cielo notturno, […]
durante il Medio Regno, gli Egizi basavano il loro calendario sul sorgere eliaco di Sirio, ossia il giorno in cui la stella diventava visibile all’alba poco prima che la luce del Sole la oscurasse in cielo, […]
dopo circa 70 giorni in cui la stella non era stata visibile […]
70 erano anche i giorni che i defunti trascorrevano nelle “case dell’imbalsamazione”. […]
in una notte limpida, senza Luna e possibilmente senza i pianeti più luminosi, è persino in grado di proiettare a terra una leggerissima ombra degli oggetti. […]
Presso i Celti, la levata eliaca di Sirio era considerata un fatto positivo e segnava l’inizio di Lugnasad […] Presso i Greci si riteneva che il suo scintillio potesse danneggiare i raccolti, portare forte siccità o persino causare e diffondere epidemie di rabbia; il suo nome deriva infatti dal greco antico Σείριος (Séirios), che significa splendente, ma anche
ardente, bruciante
Ronzare di coleotteri
Lento
corpo nero nel secco dell’erba
*
Un altro anno senza inverno, non piove e vado spesso a camminare
Ci metto una mezzora, che poi in realtà è il doppio
Considerato che devo tornare
Mi piace andare lì, mi fa stare bene
Muovermi soprattutto nei giorni in cui il tempo è instabile o
variegato, in cui mi sento insieme
larghi giri di nubi sfumate
Declinazioni di luce che rivelano e contrastano
Il solido
montare di quelle masse di vapori
Respiro
e canto
Mentre cammino
ascolto Sia
Iiiiiiiiiiiiiiiiii wanna swing
Brani shuffle
Verso l’equinozio
from the chandeliiiiiiiiiiiiiiiiiiier
Avanti, Unstoppable
Mi sento bene
soprattutto dopo aver sorpassato il cantiere
Sconsolato sorgere beige
Un basso muro
Zona militare vietato oltrepassare ma
giro sul retro, dove c’è la colonia felina e poi il vero poligono di tiro, e lì si allarga un grande spazio aperto
che non si può raccogliere tutto, bisogna girarsi a guardarlo
A destra c’è la ciclabile che costeggia il muro del tirassegno, mentre a sinistra passano le auto, e c’è lontano
un imponente edificio vetroso, con la facciata specchiata e convessa, quasi in semicerchio, vicino a un’altra struttura più bassa
Non ho mai saputo cosa sia
quel complesso
È come tenuto a distanza da un ampio prato senza nome in cui si vede piccolo
un parco giochi, alberi verdi ma anche rossi
Ai piedi di tre palazzi davvero strani
Sembrano il risultato di un impilarsi sbagliato di TETRIS, livelli tutti neri e bianchi
con una pianta a rombo e l’ultimo lungo
monolitico blocco
puntato lì in cima
svetta la verticale del GAME OVER
E hanno geometriche gemme fotovoltaiche
Altri rombi neri che stemmano obliqui i tetti di quegli edifici Rombi
del traffico che scorre Poco oltre
La tangenzialina
una strada a scorrimento veloce che collega le due fiere, quella di Citylife e quella di Rho, ma
Al di là, già si vede
il Monte Stella
E a destra
C’è un sentiero un po’ nascosto, molto bucolico che ci arriva e passa in pratica
tra le corsie e il quartiere Gallaratese Boldinasco, con i suoi edifici civilissimi
blocchi di uffici
Mediocrità in klinker
prati e alberi
Genius
foglie gialle di ginko
E davanti a una cascina abbandonata con gli orti e altri gatti
Che abbatteranno
Lì c’è il sole a picco e poco dopo un ponte
Cheap thrills
Soprelevato dal traffico, su cui molte volte mi fermo un attimo
per cui poi si attraversa e si arriva lì
Di fronte a uno pseudo albero della Bodhi
Che sta al centro di una panchina di pietra circolare
Con un segmento lineare che sembra proprio
Un circuito o un simbolo
di accensione ON/OFF
Sessuale
E poi scelgo che percorso fare
mi spingo su, tagliando verso l’alto i primi livelli erbosi
Non troppo ripidi
La luce sulle foglie trama
chiari sul mio viso
il cielo ritagli
Piccoli specchi
Odore di umido
Sottobosco
opaco
Terriccio di lombrichi, fiorellini,
muschio, sui sassi
licheni gialli e grigi sui tronchi
Tagliati con le radici esposte
Riverse a brulicare una morte ancora
Arborescente
In una radura dove si può dimenticare
Il percorso vita con i suoi cartelli e vari supporti per fare gli esercizi
Tenersi in forma, sbarre, anelli
È un altro concetto di
bionti, riserve
Varianti
Di quel fresco fiato d’infanzia che poi mi serve per salire fino in cima forse
Ho calcolato male
Quanto dura
è la salita baby
Fino in cima
Fa già troppo caldo
Fuori dalle fronde
Ripidissimo sudare
Sul calvo capo
Della collina
E siamo solo a maggio
Flames
Che tramonto!
A giugno stiamo là nell’erba arsa
a bere vino bianco
E ci baciamo
Fire meet gasoline, fire meet gasoline
I coleotteri si affollano rasoterra
Neri esoscheletri metallici
lammellicorni o scarabeidi
Un insetto si posa sulla mia gamba
“Sai se punge?”
Dei ragazzi fanno decollare un drone
Chissà scandaglia
La sua scomparsa
Comandano
L’eccessiva perfezione
meccanica l’aria
Repeat chorus
Che ora
Respiro lì
x 2
E torno indietro
*
Tornare indietro è qualcosa che poi non registro, che non riesco a ricordare
[RECORD]
Non so perché ma non ci faccio molta attenzione, scivolo lì dentro Senza
direzione, attrito, impegno
Automatico
Passi
Move your body
Ma è diverso
quando vado ho sempre una certa non fretta
ma voglia
di arrivare, anzi di andare
E quasi gettarmi nella lunghezza della via cantando
Bird set free; Alive;
Spari
Soprattutto nel weekend, colpi senza ritmo
oltre il muro
Spingo passi,
Elastic heart
angoli
Cammino veloce, mi piace sentire la spinta della gambe, fendo facile l’aria con il corpo, premo meglio sull’asfalto, quasi mi slancio
Quando arrivo dove inizia la ciclabile che costeggia il poligono di tiro
e più mi avvicino a quel sentiero
Ma non corro, non mi piace non sento
Quella propulsione che parte da dietro, quell’aderenza
Muscolare con tutto
Let’s love
Correre invece porta a essere proiettati un po’ troppo in avanti, c’è qualcosa che manca
Consistenza, come se ci si perdesse in un vacuo, e non mi piace quel ritmo così
Sussultorio
E poi correndo si ha una visione un poco più ristretta, come se non si avesse spazio o la giusta progressione per assorbire quello che ti circonda
quella continuità che invece camminando Sento
Sempre salda
Quando svolto a destra, dove c’è il muro di mattoni rossi
E lì è alto, ricoperto di edera
E di murales acidi pastello
Che poi continua più basso una volta
che la strada per le auto che si inabissa nello svincolo
e il sentiero invece prosegue, e dispiega un silenzio interstizio dove si riposano file di panchine alberi erba
E sembra che lo spazio si dilati mentre ci cammino dentro
creando anse ombrose di fronde e
altro spazio aperto spostando
Verso destra il muro rosso, la grande scritta PAC MAN
Verso sinistra le corsie della tangenziale, i prati chiari
E un’ufologia di vertiginosi lampioni bianchi
Che si erigono iconici nell’erba
Lineari e perenni, quasi santi Raggi
conficcati nel terreno per rapire respiri
Ma scorro in una navata di alberi
che mi proteggono e filtrano
Quel sottile reticolo di luce tra gli aghi e le foglie
Che sparge
Un incantevole scintillìo
Proseguendo poi gli alberi si fanno più bassi e radi e i tappeti erbosi
Si fanno più ampi, si sollevano un poco sembrano
mossi, quasi planare
Qualcuno passeggia con il cane
E ci sono fiori, garofani selvatici ranuncoli trifogli e altri un verde più chiaro brillante che evidenzia
l’opaca lamiera plissettata del guardrail e lo sfrecciare parallelo dei veicoli che veicola
quel vento tecnico
Unstoppable;
E mi viene voglia di andare lì in mezzo
A tutto questo
Breath me
In quell’aperto
Spazio
E mi succede all’improvviso la sensazione
di attraversare la me che è già andata, arrivata
O all’inverso nell’altra direzione
O che andrà e arriverà
O sta andando proprio adesso
In tutto il tempo presente
Tranne uno
sotto quel dubbio larice che si curva quasi in uno spasmo
plastico abbandono
godere di quell’essere andare E
Sempre accade
Quella completezza, quell’essere intera
Anche nel punto più brutto
Di fianco alla cascina pericolante
Dove l’erba è logorata dal calpestio e c’è solo un cordolo di cemento a separarmi dalla strada
e si vede al di là
il fianco della montagnetta dove giacciono
schiere di alberi bambini, con le radici fasciate in ruvidi sacchi
pronti ad essere messi in terra
E diventeranno un più giovane declino
boschivo che risale
Cresceranno e affonderanno le loro radici
invisibili
Sotto i miei piedi come
Il tremare del ponte che attraverso
Cheap thrills
E tutta questa massa di anni
detriti
Che sedimentano seri
i resti della guerra
Li hanno ammassati lì
E con le rovine che derivavano
Certo Sirio
l’ardente, il bruciante
Boom
Negli anni ’60
Hanno fatto poi
la montagnetta
Rami reticoli
Vuoti di cielo che traduce
vari verdi
In cui mi perdo Tra le specie arboree ricordiamo: l’acero di monte, l’acero bianco americano, l’acero saccarino,
il bagolaro, l’olmo, la quercia rossa americana, il carpino bianco, il faggio, la betulla bianca, il pioppo nero e il pioppo bianco,
l’ippocastano,
il tiglio selvatico, il platano comune, il cedro dell’Atlante, il peccio o abete rosso, il pino nero e, infine, la robinia con la sofora
e l’ailanto.
Due scoiattoli si rincorrono su un albero
Schermagliano
fino in alto
Poi saltano come
La spada nella roccia
Grandi sguardi liquidi e tremanti
Che mi fissano bianco nero dai fusti delle betulle
E nella radura
Tronchi monchi
Radicali divelti,
irrazionali
Alberi in fiore
Strani ibridi
Ciliegi metà rosa metà bianchi
Innesti
Di sentieri ma verso la fine nelle gambe
Sempre Accumuli
Età, fatica inevitabile risalire
Questa via lattica
Lo sterrato che diventa
Molte volte
O melma o polvere
Rigel, Canopo, forse
favorevole o funesto presagio
Primo o ultimo sorgere
Inalare
Ancora ombre
Corte e dritte nell’obliquo
Polvere
Espirare
Lo scarabeo sacro viene anche talvolta indicato con il nome di scarabeo stercorario […]
simbolo del sole e della creazione […]
secondo una mitologia dei primordî, il sole era una grande pallottola rotolata per il cielo dalle zampe anteriori di quell’animale. Si chiamava ééprer, non connesso col verbo éôper “divenire” […]
Evocava, con la vita che rinasce dalla materia non vivente, il mito dell’eterno ritorno.
*
Ci sono due modi per arrivare in realtà
O il giro che faccio di solito
O passando dal Portello, cioè dietro dove c’è il parco industria Alfa Romeo
tutto sinuoso e curvilineo, all’ingresso c’è tantissimo glicine e altri alberelli
C’è una bella apertura, si vede molto cielo
Anche questo è un parco su più livelli
E si vede lo skyline
Soprattutto quando si va in cima a quest’altra collina artificiale, molto urbana
È una vera e propria spirale
E l’hanno fatta proprio per legarla concettualmente, storicamente
Al Monte Stella, che però è più irregolare, un po’ deforme
Vista dall’alto, dalla mappa
Insieme formano due poli
Occhi da ipnosi o come delle bobine di nastri
di una musicassetta
Ruote di una bicicletta
c’è un collegamento infatti e lì dietro c’è un altro ponte che consente di oltrepassare quel grande viale che poi diventa la minitangenziale
E congiunge
QT8, un quartiere rettissimo, residenziale, che hanno costruito quasi da zero più o meno nello stesso periodo
Si passa in questa via alberata di condomini squadrati
e si arriva dal lato dove c’è il campo sportivo, la pista di atletica
E poi da lì si sale
Ma faccio l’altro percorso molte volte
Perché è più bello passare
dove si apre quello spazio tra i palazzi TETRIS, e sembra che lì il cielo riesca a esercitare una pressione maggiore
sulle cose
Come se riuscisse a custodire intatto
Un repositorio di latenza
E da lì guardare
all’orizzonte
Lo scheletro cetaceo di un ponte che si impone con la sua cablata carcassa di tensioni e ricalca
la dorsale d’acciaio il crinale della montagnetta
l’intersecarsi delle corsie il muro di mattoni
quel reticolo i colori maiuscoli dei murales il verde e il bianco iconico dei lampioni
il grigio della strada che sfreccia Poi
Sotto il ponte
Appoggio le mani sulla balaustra e sento vibrare
Per il flusso di auto auto auto aut
Che investono la mia ombra perfettamente
Perpendicolare E
dietro la schiena
un rivolo di sudore corre Cheap thrills;
Together
Solo una forma
Così aderente
To get ther
chiudo gli occhi e divento nuda notte sono
a Milano Londra
nella locandina di Crash, adattamento del romanzo di Ballard
film di Cronenberg nella pelle che si raffredda mentre scende
Quel brivido dimensionale ambiguo spell
Di un desiderare [tɛns], inquieto, tensione elettrica
le luci di un diverso cieli wish, wish
Ma un clacson mi riporta sullo stabile esistere
della struttura:
due modi per arrivare in realtà
O scalando in qualche punto i pendii
O percorrendo le volute
Spirali
Respiri
modi
Che si incrociano
per arrivare in realtà
passi
sull’ultimo tratto scosceso
Per
Coniugare
Esemplare incognita
Croce
Dove finisce
La fatica
Dio
Arrivare
E poi piano
Inalare
L’orizzonte
sterrato
dove appare
un grande casco nero
in cui respirare
X
Continuo
Ruotare
Cadere
Continuo in un buio che si deforma mentre cadere avanza mentre continuo nuovo
espiro
quest’aria che esce continua tutta quest’aria che esce continua nuance nociva succhiata dalle labbra dello spazio che mi circonda strettissimo dentro me e ha un peso vortice che mi schiaccia e mi spreme sottovuoto i polmoni, tutta quest’aria che
espiro senza
sapere senza finire senza senza a aaaaaaaaaaaaa
Di averne ancora
Comprimere pregare continuo no
un lampo di quel sogno che stavo facendo, oddio
Ecco l’ultimo
Ma nuova aria una luce sa emergere alla fine
E nuovo continuo cadere ere e in una più densa varietà di buio gamma
onde di vacuità densissimo
flutto che mi spinge contro preme e inabissa in uno scavato volume tra le costole ad ogni
espiro lunghissimo
lunghissimo spremersi pneumatico un risucchio ermetico rosa pleura che mi spinge nell’ulteriore
amalgama
gravità di imperativi che collassa il proprio nucleo in un altro fuori
Pressione che compatta
Ecco l’ultimo Sempre
E spiro
Ma smentito subito ecco
Prendere tutto il fiato che posso
In una volta sola
X
/in·nè·sto/
1 fare, operare, praticare un innesto. Tra i tipi più comuni, l’i. a occhio o a gemma, in cui un pezzo di corteccia munito di una gemma si inserisce nella regione sottocorticale del soggetto; per altri tipi (i. a marza, a talea, a spacco, per approssimazione), v. sotto le singole voci. 2. In biologia, il termine, usato anche come sinon. di trapianto, indica una speciale tecnica con cui si riesce a congiungere permanentemente due animali o loro parti o a trasferire un frammento più o meno esteso di tessuti o addirittura un organo intero di un animale su di un altro o sullo stesso individuo, nella stessa sede o in sede diversa da quella originaria. 3. In medicina: a. L’atto chirurgico con cui è effettuata la trasposizione di un lembo di tessuto o di un organo 4. a. Nelle costruzioni meccaniche, meccanismo atto a stabilire o interrompere il collegamento tra due alberi coassiali rotanti con uguale o diversa velocità angolare, con manovra agevole e rapida (manovra d’i.); differisce dal giunto per la temporaneità del collegamento, che può essere attuato o interrotto al tempo voluto e per un dato periodo: b. Con sign. attivo, la manovra mediante la quale le parti dell’innesto si fanno venire a contatto in modo che la trasmissione si com
Si dice che quando si immagina di fare qualcosa, a livello cerebrale è come se si facesse davvero Allora
ci si continua a ripetere interiormente istruzioni intuizioni e spezzoni di frasi, versi, ricordi
molte volte
mi succede anche prima di addormentarmi, o cerco di farlo quando il sogno è un po’ lucido
Prendo appunti
O forse è una di quelle cose da degenerazione o nebbia cognitiva
effetti collaterali dell’anestesia, misurata mistura di morfina
O più semplicemente da soggetti ossessivi: ripetere e ripetere e ripetere e
Descrivere orbite
Ambiguo termine, termine: anch’esso ambiguo liscio crinale
scivolare
Per non dimenticare e immaginare meglio
aggrapparsi ai dettagli, ripristinare la sequenza dei dettagli per non permettergli di disintegrarsi, frammentarsi in falsi O
scindersi
pensieri e sensazioni e particolari che dobbiamo perpetuare perché mantengano la loro persistenza, perché possano per durare
Per per per
visualizzare
camminare, camminare veloce nell’aperto
anche correre, anche se sono in un bianco letto
E se si fa qualcosa e si visualizza insieme, sembra che si potenzino
I muscoli delle mie gambe che si contraggono
E rilassano, si contraggono
gli effetti
conto fino a dieci, isometria, leg extension, già un giorno dopo l’intervento
3 serie
e muovere i piedi, tenerli fuori dal lenzuolo, che aggiustarmi poi
Muovermi
È complicato
stirare le punte
cercare il più possibile di essere autonoma
Distendere legamenti Immaginare
l’interno del mio osso ricomporsi Vitalizzare
i vasi sanguigni
il metabolismo
Complemento. Enoxaparina 4000, lansoprazolo 15, antidolorifici al bisogno ghiaccio
Chiedo all’infermiere “Mi porti un altro margarita frozen per questa gamba per favore?”
È gonfia e sembra ancora storta ma
non mi fa molto male Ricordare: la corda dello strumento, della lira, e il cuore – uno strano ibrido adesso sono cyborg
ho una placca e sette viti in titanio
tutte quelle fibre muscolari striate. Striate o lisce?
Che si contraggono
I tessuti che si riparano
Nuclei e processi che si attivano sintetizzano
Osteoclasti
Mi sono rialzata e ho cercato di camminare dopo che sono caduta ma non riuscivo a caricare
Il peso
Alla fine
Poteva andare molto molto peggio di
Esito
frattura piatto tibiale dx, scomposta, pluriframmentaria
In pratica è la parte dell’osso sotto il ginocchio che si è
Spaccata e affossata
Infatti mi sembrava un po’ deviata ma pensavo
fosse gonfiore, una distorsione
più che dolore ho sentito girare
E l’ho capito quando mi hanno detto che dovevo fare l’rx torace, che mi avrebbero operata
Ho respirato, e ho chiesto
quanto ci vuole
3 ore, per l’operazione
No, per tornare a una vita normale, intendo
ci vogliono mesi e io ho risposto che avrei fatto prima, che sarei tornata ancora più in forma di prima
Non ho ancora visto la ferita
Guardo la gamba oltre la garza
Tenere l’arto elevato
La gamba che è la mia ma non è più la mia, ha una sensibilità strana
rivendica un altro genere di appartenenza, una maggiore condivisione con l’esterno Adesso
è del letto dell’aria della stanza è del tragitto letto bagno è del corridoio del reparto ortopedia dell’ospedale è di fuori dalla finestra è della città degli edifici delle strade è dello
Spazio
remoto
dove voglio andare?
Durante l’intervento ho sognato che ballavo di notte in un bosco.
Come in un rito primordiale
Ipnotico
Restare lì fissare
Il galattico evolversi dell’ematoma
Macchie ora giallo verde, prima nero viola
Volere
le pale del ventilatore a casa di mia madre che sfumano grigio sul soffitto due mesi
X
Giorno di latte sporco, al cielo manca una dimensione, un eccesso di equità pareggia il paesaggio in cui comunque mi muovo abbastanza bene, ho recuperato tutta la flessione, toccare il gluteo col tallone, fatto due cicli di fisioterapia all’ATS di piazzale Accursio dopotutto
ho reagito bene, è un grande sconto sul karma!
E prima del previsto
È il 12 ottobre E
finalmente sono tornata a casa mia, l’ultima volta che ci ho messo piede era il 14 agosto, e scendevo veloce le scale, inforcavo la bici nel deserto facile
Andare nel bruciante ora lenta
riesco a salire i quattro piani di scale con una sola stampella
Per uscire ancora le porto entrambe, per sentirmi più sicura
ho quasi i calli sui palmi
Qui a dentro casa mi sento più a mio agio, posso riappropriarmi
Respiro
quasi sorrido
dal mio balcone verandato
Tutto quello che è passato
Medicazioni con il betadine, deambulare con il deambulatore, un passo alla volta, sempre fare attenzione, l’ansia di cadere o che la gamba
Si saldasse storta
non riuscire a dormire, svegliarmi ogni due ore, con quelle fitte al tendine di Achille, e la sciatica, per la posizione
Contemplo il grande platano non più tutto verde che presto verrà potato ma che meglio ricrescerà la più vigorosa e tenera novità sui suoi monconi, che non ci sono ancora però
L’hanno aggiustato
L’osso sta guarendo, è ben allineato
Ma questo scremato sole
Che ottunde
Anche lo sfrecciare delle rondini
che irrompono la loro fuga di stagione nel cielo vetroso E sono ormai oltre
un qualche tipo di superficie che in qualche modo mi separa che in qualche modo percepisco come differente distanza o differita
durata
Che faccio fatica ad attraversare
Lancette, zampette, bianconere strisce
RX
E questi cieli
Che non cambiano e restano
totali
Celesti o piovosi continui
Schermi
Per molti molti giorni
progressi
Che non scorrono
Per uscire a volte
click click click
indosso ancora un lungo tutore con le cinghie nere come quello che si vede
in una scena di Crash.
X
Sul marciapiede, nella lunga prospettiva rettangolare tra i palazzi delle prime vie vicino a casa già si vede, il Monte Stella. Non l’avevo mai notato
Vado verso la fisioterapia, ciclo terzo
Attraverso
Cautela
Senza stampella
Che ancora zoppico un poco
“Non devi camminare così!: 1 2
Ma tipo 1111111111”
Come una macchina
Per la normalità
del consueto tragitto
Tutti i giorni
Rischio di cadere
se non alzo abbastanza il piede, e non ho i riflessi pronti
per evitare
Provo per brevi tratti, ma vorrei riuscire a fare meglio
“Dai che sei bravissima”
Faccio fatica dove il suolo è sconnesso
“A volte restano delle superfici un po’ irregolari” ha detto l’ortopedico
“è una frattura tra le più complesse, richiede molto rispetto
E tempo”
Scomposto ricombinato
tessuto racchiude il midollo
emopoietico cosa sento
Si fa
ma torna dritta vero
sembra quasi una S la mia cicatrice
?
Il problema maggiore, però, ipotrofico, è il quadricipite, che ha perso tono, molto
E massa
Che non ho forza per spingere
Velocemente, avverbio i passi
E non regge
Guardo fuori dalla finestra della palestra
Oltre il sottile colonnato tibiale
del portello Il piatto velo teso di metallo che ricopre la piazza
la gente che passa, naturale
Sette viti e una placca
Dall’altro lato c’è invece
Una camminata che ho fatto
Molte volte
—-
Molte volte
Celesti Instabile Ora
Desiderare
Un solo sasso chiaro
che splende il mio spleen
tra le folte fronde non so
Sul mio viso cosa trema nei pomeriggi
Quale specie
di mattino
sai se punge?
innesto
I’ve got thick skin and an elastic heart
Titanio
Ripetere Allora
e ripetere esercizi, dettagli
usare il peso, 1 chilo, sei serie
Recupero, sto recuperando, immaginare meglio
Camminare veloce
facendo attenzione
Contrarre bene il vasto mediale panorama muscolo oltre
al laterale, mentre l’ultimo fascio
Di luce femorale, retto
rosso tramonto del quadricipite
si allena solo negli ultimi gradi di flessione
Estendere Allora
Sollevare albe, una volta
orientarsi
segni congiunzioni opposizioni o
collegamenti tra gli astri
forse Sirio, l’ardente, il bruciante Passi
Falsi Immaginare Tonico
Contrarre Fibre muscolari Pupille
Il sole tra le fronde
Raggi
X
Buio trasparente
La croce fatta a pennarello Per non sbagliare gamba
L’ematoma nero profondo
Ho ancora la macchia, si è ossidato il sangue, dietro il ginocchio Gonfio
Sìsì benissimo e ho una cicatrice Bellissima Ripeto sinuosa Resterà solo un filo ricordare forza Sono stata fortunata
poteva andare molto peggio poteva Sarebbe potuto
patire attivo o passivo Mobilizzare l’arto
Verbo, parallele, destino
Sirio in realtà è un sistema Binario
cave lingue metalliche
Per fischiettare solchi nell’estate sfiga
Passare il tram, essere investita volare e scorticarmi Interamente con l’asfalto, avverbio Rompermi la faccia i denti
O molte più ossa
Sorrido
Ero di buon umore Sto bene sto bene Ripetere
Stretching Adesso
Fai gli esercizi in carico
Di responsabilità
Sono caduta da sola, un eccesso di generosità, volevo far passare
una macchina che avevo dietro
Senza motivo, e poi non avevo più spazio per evitare
O la rotaia o il marciapiede
E ho iniziato a scivolare
osteosintesi
mi hanno cucita a mano
hanno spostato il muscolo tibiale
Anteriore futuro
Non prenderci il sole
Tanto non si usa
Ripetere
Lastra
L’astra
In grado di proiettare anche durante il giorno
Un’ombra sottile
Rip
Tra x mesi.
Di notte dopo l’intervento mi sembrava di annegare, andavo come sottovuoto
non riuscivo a respirare
“Non devi ballare, mi raccomando”
“da non sottovalutare i rischi”
Dell’anestesia
O di essere travolta da una bici o da un monopattino o da auto aut
O
di inciampare in qualche
Serie
Conseguenze
x3
Per per per
mezzo; o
Moto attraverso luogo o
Moltiplicezione
Croce
Errore, operazione
Ansia che ventola
GLITCH
Mi fermo in mezzo alla strada vicino all’ospedale dopo il controllo numero 4, a dicembre
Respiro un fiato piegato
Sguardo basso sull’asfalto
Mi fa male la gamba, come non ha mai fatto, dico all’ortopedico
“Ma la frattura è perfettamente guarita”
Osserva la radiografia
“Perfettamente”
Sento come la vite che tira, magari è per il freddo che è venuto giusto
all’approssimarsi del solstizio
“Molto probabilmente sono i mezzi di sintesi
Che danno fastidio, dovrebbe valutare di toglierli”
“Anche perché se dovesse farsi male di nuovo eh
Poi È un bel casino”
Ripetere l’intervento
“Anche se è molto meno problematico”
Di questa gamba che non sa più naturale
Camminare raccontare ricordare senza
Automatico riflesso ricordare specchio
cosa combacia dallo sterrato neurone
E non sa dimenticare
Mi viene da piangere. Non l’ho più fatto da quando mi hanno portata dal pronto soccorso in reparto e per due ore
Scorrere naturale soluzione salina
l’ardente, il bruciante
desiderio di tutto quello che avrei voluto fare che volevo ballare
Fluido
articolare
Discorsivo
In quel letto
Foglio
Bianco
Non riesco più ad andare avanti.
Neanche a scrivere questo reportage, che doveva essere su questa camminata che ho fatto molte volte, in un anno
Fin dal principio
Solare
da febbraio a febbraio
Ma mancherà una stagione il terreno è troppo irregolare
Che non so coniugare
Andare
Con le insidie del foliage afasia
fango o cadere, scivolare, sin.
come-quando-fuori-piove
Semi o
Coincidenze
Fall, guardacaso
Che saldano la realtà in maniera così perfetta
dritta vero?
Da risultare innaturale
innesto
- fig. Inserzione di un nuovo elemento attuata in un complesso che è preesistente: la poesia de’ trovadori … operò l’i. di una cultura straniera sul tronco italiano (Carducci); lingua letteraria in cui soltanto a colpi di trasposizioni e d’innesti dall’uso parlato, tecnico e dialettale si può nuovamente far correre il sangue e vivere la vita (Pavese).
Scarabeo, incroci di parole, spell
Il ponte di Crash, il tutore
Se immagini una cosa a livello cerebrale è come se accadesse davvero
in titanio
Sia, Titans
La morte di Kronos.
E poi come recupero
Tutto quel tempo il muscolo E
Tutti i dettagli che non ho registrato tornare che ho perso
Stella
Per amore
Era il nome della moglie
Chiudere gli occhi solo per veder
cadere
I sogni che avevi
Al liceo Piero Bottoni
È stato lui a progettare il parco
E quel pic nic che abbiamo fatto
Doveva essere romantico
L’intero spettro dei colori
Ghosting purissimo
Che s’impasta
Lamellicorni o scarabeidi
insieme a tutto il
resto
in questa massa cor
rotta di tempi detriti
Una sfera di mesi e mesi
che non so più
dal tedesco glitschen (slittare)
e dalla parola yiddish gletshn (scivolare)
Il peso di molte volte
in una volta sola.
Nè come passare io
Per tornare
Per non
Per ire
|
“Bisogna sciogliere qui” – dice la fisioterapista mentre mi massaggia la cicatrice
“Mi fa male, anche se ancora sento
diversa la pelle in certi punti”
“I tessuti sono tutti incollati
succede con questi interventi, si creano delle aderenze”
Strati su strati: ossa muscoli legamenti tessuti connettivi derma epidermide
Lei pizzica e fa scorrere le dita sul segno
È una linea un po’ curva lunga
una buona spanna
Che conserva come un’incandescenza
Chissà su maps che percorso ricalca
Faccio ricerche, apro finestre, digito: monte stella, coleotteri, ars oblivionalis, apparato muscoloscheletrico, innesto; apro maps:
invio
susseguirsi di passi
l’immagine di streetview si stira
Voglio arrivare in cima Allora
Click click click
Cerco di ricordare
Molte volte
Un due tre STELLA
Respiro
tornare lì con la mente me stessa
incorporare
Gli scarabei stercorari tendono a trasportare la loro pallottola lungo una linea retta orientandosi attraverso la luce emessa dalla Via Lattea; se incontrano un ostacolo, cercano di superarlo scavalcandolo, senza cambiare direzione.
Scendo le scale della palestra, non mi dirigo verso casa
giro verso il Portello, passo dal retro del cantiere
Consolato
Incedere
dove inizia la ciclabile
E si vede quel complesso, che non ho mai saputo cosa sia
Un repositorio di latenza
Ma mi spingo fin dove riesco
Finché non smetto
di zoppicare
zapping
|
Tornare lì per arrivare indietro
*
Un altro anno senza inverno, clima inverso alla nascita di Frankenstein
Non piove
Quattro giorni ha fatto febbraio e ci sono 19 gradi, precocissime gemme destinate ad altrettanto precoce fallacia
Non hanno avuto la lunghezza del freddo per accumulare tempra, stamina
nelle loro fibre senza la necessaria qualità
Di questi autunni che non cadono. E corrompono la primavera, che impastano il non più al già
Gialla l’ascensione dei colori
tra gli spari del sereno poligono di tiro
Regolare
Piccoli pixel ritmano i miei passi
Nell’erba arsa
In cui procedo a passi ampi
Mentre mi avvicino e leggo sulla facciata a specchi la cubitale scritta
WJC
E mi inoltro per la prima volta ai piedi dei palazzi TETRIS
Mentre un ventilare vischioso trascina
Blocchi
GAME OVER aptico
varco
verso il parco giochi che si vede piccolo, poi sempre più grande, fino ad avere
Adatta
dimensione
Sembrava così moderno e decoroso invece è decorso, corroso. Pochi nonni e nipoti che giocano generazioni
Altalene, panchine
Manca quella di mezzo
Ci sono solo due catene
Che pendono
Dal tendersi della struttura
A terra il vento ha radunato l’incuria e la polvere in un piccolo ordine: neghentropia, si dice
in cui si disperde un inquieto
Ma c’è silenzio
Qualcosa di intatto
Ad un albero spoglio è appeso il verde violento di un sacchetto di escrementi
Nonostante sia dotato di ali, lo scarabeo stercorario non è in grado di volare. Le ali anteriori sono totalmente indurite (elitre) e vengono usate come protezione per il corpo
Attraverso la strada e nello spazio davanti all’ingresso del World Join Center, in un’ansa bianca
ci sono due figure, due statue scure in piombo credo
due uomini che sembrano ustionati, con la pelle di cera. L’opera si chiama Il punto di fuga, guardacaso
e la sottile soglia delle palpebre si dischiude proprio là
all’orizzonte dove
È tutto vero
Lo scheletro del ponte che si impone
con la sua cablata carcassa di tensioni tense
e ricalca
la dorsale d’acciaio il crinale della montagnetta
L’intersecarsi delle corsie i fasci del mio quadricipite
Femorale muro di mattoni reticolo colori, 264
Rombi del traffico streaming cadere ere e
Eco che dice
Suggerirei che si può dimenticare, e volontariamente, sia grazie all’interferenza tra informazioni sia grazie al loro eccesso. Spesso una nozione o una parola non vengono dimenticati, bensì confusi con altre nozioni o con altre parole, sia per pseudo-sinonimia (per esempio si confondono tra loro le parole /paronomasia/ e /antonomasia/) sia perché inizialmente di fronte a due cose (parole, nozioni, azioni da compiere) non sappiamo quale sia quella giusta, poi riceviamo l’informazione esatta, ma da quel momento ricordiamo insieme errore e correzione senza ricordare quale sia l’uno e quale sia l’altra – ovvero il dilemma ci ha impressionato più che non la sua soluzione, ed è quello e non questa che ci si è impresso nella memoria. […]
Non si dimentica per cancellazione ma per sovrapposizione, non producendo assenza ma moltiplicando le presenze.
Click click click Claudicanti nubi
di dati
Sutura
a destra il sentiero ombroso ameno la grande scritta PAC MAN
a sinistra i prati chiari, ufologia di lampioni
la lamiera plissettata del guardrail e lo sfrecciare dei veicoli che veicola
quel vento tecnico
Unstoppable;
M’inoltro al centro, percorro
navata di alberi
Coniugare selvatici
Fiori, tappeti erbosi
Quasi planare
Qualcuno passeggia con il cane
E sembra che lo spazio si dilati mentre ci cammino dentro
11111111111
Come una macchina
Per la normalità
Binaria
Larghi giri di nubi sfumate
Declinazioni di luce che rivelano e contrastano
Il caso
Solido ablativo
montare di quelle masse di vapori
Mentre procedo
Shuffle
Verso l’equinozio
quel dubbio larice che si curva quasi in uno spasmo
plastico
L’hanno fatto a pezzi
Un nastro rosso e bianco
perimetra i resti
Esposti i rami tagliati
Un’altra ombra abbattuta, un altro facile bersaglio per il sole che sarà
cattivo
BOOM
Blocchi di uffici
Mediocrità in klinker
E la cascina pericolante con gli orti e altri gatti
anche quella Ora
È vuota
pronta per essere demolita
dall’altro lato, sul fianco della montagnetta
filari di alberi bambini, fasciati in ruvidi sacchi
sono stati messi in terra
Esilissimi e spogli
Chissà se reggeranno
La subordinata
Che cresceranno
Il peso
dei declini
Lo sforzo della gamba
Arborescente
Avanti
Move your body
Sia
Congiuntivo
Salire
Sul ponte di Crash, dove il traffico investe la mia ombra
perfettamente E
Sempre accade
Appoggio le mani sulla balaustra, lo sento vibrare
In una centralità
Materiale In un equilibrio
Di stati
Sbrecciare sonici
Cheap thrills
sudore
auto auto auto aut che
ambiguo spell
Di un desiderare [tɛns]: tensione elettrica
ON/OFF
Sessuale
Spontaneo spingere
[tɛns]: teso
Nel verbo: tendere (tighten); contrarre un muscolo
O noun: tempo (grammar) come si coniuga
in the past present future tense, continuos
Attraversare
Move your Bodhi
Raggi nel boschivo
Salire volute
Spire
E con le rovine che derivavano
forse Sirio
l’ardente, il bruciante
risalire
Strani ibridi
Cosa diventi
quando fai un passo alla volta, quando devi imparare
Molte volte
il percorso vita con tutti i suoi cartelli, sbarre, anelli
Occhi, betulle
Cercare la via più dolce
Articolare
Caviglia ginocchio anche
questo discorsivo, destino
In una quasi facile anabasi
Se si decide di riuscire a salire che è questa la volta
Celeste
Che splende il mio spleen
nel profondo
Participio
Spingere
Detriti di anni
che sedimentano serie
di sentieri modi
Che si incrociano
in realtà
passi
Per
Coniugare
Esemplare incognita
E sotto le suole ghiaia un qualche rotolare di risa
È un altro concetto di bionti, riserve
Varianti di quel fresco fiato d’infanzia che poi mi serve per salire fino in
Croce
Rocce
Che sempre accumuli
Nelle gambe
Questa via lattica
Ogni elemento più pesante del ferro proviene dall’esplosione di una supernova
E penetra
Tra le folte fronde che non so
Scosceso
Cantare
Innesto
Sacro
Respirare
E fondo
Inalare quel sole
che mi bacia apice
Fire meet gasoline, fire meet gasoline
dallo sterrato
Schermo
la luce con le dita
sul limite
tra i grattacieli lontano guardacaso
C’è un incendio
E oltre
Non ci sono ingombri, eccetto
un glitch gigantesco
là in fondo, al principio del declino c’è un grande casco nero
E bianco. Prima è più lontano, un dettaglio innaturale, ZOOM+ mi avvicino
È il capo corazzato di un ragazzo che fa bikecross, intorno a lui altri mal dimensionati umani
ragazze runner; altri caschi più piccoli, sezioni di ruote, visi sorridenti sudati, spettri di colore che permangono insaturi e traspirano impigliati tra i pixel
E poi torno indietro
per l’altra strada, quella dove
non sono passata
Attraverso quell’altro ponte che ha la grata antisuicidio che reticola
Il grande cartello verde acido IDEALISTA
E l’insegna di McDonald’s
Mentre semplici coleotteri profani ronzeranno l’estate ancora
Senza rotolare niente, nessuna materia inerte
Al tramonto, nell’erba arsa
Voleranno e scivoleranno e basta
sulla mia gamba
che sa cos’è E
sperire
Sofia Natella
È nata nel 1984 a Milano. Negli ultimi anni ha scritto reportage per la TRILOGIA NORMALISSIMA di CTRL magazine&books; compone poesie, alcune intorno a un buco nero, apparse sul n°4 di Quanto – rivista di letteratura speculativa. Conduce esperimenti.